Amministrative e regionali, è l’ora delle decisioni. A chi tocca prenderle?
La rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, dopo il bis che era stato chiesto nel 2013 a Giorgio Napolitano, è una sconfitta della politica. Anzi, per essere più precisi, dei segretari dei partiti o di quel che rimane di essi.
Centrodestra e centrosinistra si sono liquefatti come neve al sole ma anche all’interno dei singoli partiti sono emerse spaccature che difficilmente saranno sanabili. Dal Pd al Movimento 5 Stelle, dalla Lega a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Ancora una volta, a rimettere il Paese sui giusti binari, è stato lo spirito democristiano che ancora aleggia sulla politica italiana.
Matteo Salvini ha mostrato tutti i suoi limiti nel volere recitare testardamente il ruolo di leader del centrodestra. Ruolo per il quale non è tagliato. È riuscito a farsi bocciare tutte le proposte avanzate al centrosinistra, senza mai tentare di stanare Enrico Letta e Giuseppe Conte, consento ad entrambi di tenere sotto traccia le spaccature all’interno dei rispettivi partiti.
Da Elisabetta Casellati, mandata allo sbaraglio, ad Elisabetta Belloni (“capa” dei servizi segreti), Salvini è riuscito a farsi bocciare ogni proposta. Ma non è una novità. Il capo della Lega aveva a portata di mano la conquista della presidenza della Regione Emilia Romagna, che poi ha perso per avere candidato una figura di secondo piano della Lega. Le recenti amministrative di Milano e Roma hanno messo in evidenza tutti i limiti dell’accoppiata Salvini – Meloni. La presidente di Fratelli d’Italia, che nelle ultime ore ha sferzato Lega e Forza Italia, non dovrebbe dimenticare che a causa del candidato da lei scelto a Roma il centrodestra ha perso le elezioni. A Milano, Gabriele Albertini, subodorando la litigiosità tra i due, decise di ritirarsi in buon ordine, per candidare in extremis, Bruno Bernardo.
Che nella delicata, e a tratti imbarazzante, settimana di votazioni per eleggere il capo dello Stato non ci sarebbero state vie d’uscita, fin dalle prime battute, lo aveva compreso il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, che si era schierato subito per la rielezione di Mattarella.
(Ri)eletto il presidente della Repubblica, adesso i partiti non hanno più alibi per rinviare il confronto sui candidati a sindaco di Palermo (primavera) ed a presidente della Regione siciliana (autunno). Ma i seggi elettorali per le amministrative potrebbero aprirsi in primavera anche a Catania e Messina, particolare non secondario in vista degli accordi politici da trovare. Se ad occuparsi delle candidature siciliane saranno i cosiddetti leader nazionali, possiamo stare freschi. Hanno dimostrato di essere lontani mille miglia dalle questioni nazionali (o se volete incapaci di trovare soluzioni), immaginiamoci quanto ne possano sapere delle vicende siciliane.
In ogni caso, il tempo per individuare i candidati a sindaco di Palermo, sia del centrodestra che del centrosinistra, sta per scadere. Ammesso che i due schieramenti esistano ancora. Se per l’individuazione del candidato sindaco di Palermo, il centrosinistra non ha il problema di Leoluca Orlando (è al secondo mandato consecutivo e non potrà ricandidarsi), il centrodestra deve fare i conti con la richiesta di Nello Musumeci di ricandidarsi alla presidenza della Regione. Finora, non ha riscontrato grandi entusiasmi (eufemismo) e per questo motivo il Governatore da tempo cerca un’alleanza con Giorgia Meloni: addirittura, si sarebbe già parlato di liste con il simbolo di FdI, ma ci sarebbe il rischio di una grande fuga.
MATTARELLA, UNA RIELEZIONE TRIONFALE
PALERMO, UN INCENDIO DISTRUGGE IL “MOLTIVOLTI”
COVID, IL BOLLETTINO DELLA SICILIA DEL 30 GENNAIO 2022