Chiesti 15 anni e 10 mesi per Silvana Saguto, 12 anni e 3 mesi per Cappellano Seminara
Sono state formulate le richieste di condanna a Caltanissetta, per i quindici imputati nel processo sul “Sistema Saguto”: chiesta una condanna a 15 anni e 10 mesi per Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, imputata con l’accusa di essere stata a capo di un sistema illegale nella gestione dei beni sequestrati alla mafia. Chiesta anche l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. La richiesta è stata avanzata al termine della requisitoria dai pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti (in aula anche il procuratore capo Amedeo Bertone).
Il pm Bonaccorso ha chiesto anche la condanna a 12 anni e 3 mesi per uno dei principali imputati, l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore giudiziario. Nove anni e 1o mesi per l’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto; 11 anni e 10 mesi per il professor Carmelo Provenzano; 6 anni per l’ex prefetto Francesca Cannizzo; 2 anni e 6 mesi per l’ex giudice della sezione misure di prevenzione Lorenzo Chiaramonte; 10 anni e 11 mesi per l’amministratore giudiziario Roberto Nicola Santangelo; 2 anni per l’amministratore giudiziario Walter Virga; 6 mesi per Emanuele Caramma, figlio della Saguto; 4 anni e 4 mesi per il docente universitario Roberto Di Maria; 5 anni per Maria Ingrao, moglie del professor Provenzano; 4 anni e 6 mesi per Calogera Manta, cognata di Provenzano; 8 anni e 1 mese per il colonnello della Dia Rosolino Nasca. Chiesta invece l’assoluzione per Vittorio Pietro Saguto, padre dell’ex magistrato e per l’amministratore giudiziario Gabriele Aulo Gigante.
“Dalle intercettazioni emerge un quadro desolante: ci sono pubblici ufficiali che hanno tradito la loro funzione per interessi privati”, afferma Bonaccorso, che si sofferma su assunzioni, trasferimenti e licenziamenti che, secondo l’accusa, i due amministratori giudiziari fecero per soddisfare interessi personali: “Non so come finirà, magari Nicola Santangelo e Carmelo Provenzano verranno assolti, ma per questa vicenda dovranno vergognarsi a vita: i due, con una lettera, decisero di trasferire a Castellammare del Golfo un ragazzo che lavorava alla Motor oil di Caltanissetta, Andrea Repoli, mandando a 250 chilometri di distanza un giovane che percepiva 800 euro al mese. Lo scopo era quello di metterlo con le spalle al muro e poi licenziarlo per giusta causa. Allo stesso tempo fu revocato il contratto d’appalto al fratello di Repoli, Francesco”.
“Il movente – ha continuato il pm – era l’assunzione dei fratelli Dario e Giuseppe Trapani, che non hanno una competenza specifica, a parte versare la benzina. Questa è una costante: il personale veniva scelto non sulla base delle loro competenze ma in ragione dei rapporti di vicinanza o amicizia”.
Il Pm Maurizio Bonaccorso ha chiesto la trasmissione degli atti per il reato di falsa testimonianza nei confronti di 14 testi che hanno deposto tra i quali l’ex prefetto Stefano Scamacca, i magistrati Giuseppe Barone e Daniela Galazzi, l’amministratore giudiziario Giuseppe Rizzo, gli avvocati Vera Sciarrino, Alessio Cordova e Dario Majuri. Gli altri testi per i quali il Pm ha chiesto la trasmissione degli atti sono i commercialisti Roberto Nicitra e Gianfranco Scimone, gli impiegati della Motor Oil Dario e Giuseppe Trapani, e tre collaboratori del professore universitario Giuseppe Provenzano, che è imputato: Laura Greca, Marta Alessandra e Alessandro Bonanno.