Cassa integrazione in Sicilia, da grave inefficienza a “scandalo” il passo è breve
Da grave inefficienza a “scandalo” il passo è breve. Il tema è quello della cassa integrazione in deroga che in Sicilia sta creando problemi enormi ai lavoratori e ai datori di lavoro. Una lentezza record delle strutture regionali – dovuta magari a piattaforme tecnologiche inadeguate – sta facendo surriscaldare gli animi di chi aspetta con ansia e preoccupazione quanto gli è dovuto.
Finora le pratiche evase dall’Inps – che le riceve dalla Regione – sono meno del 10%. Già da tempo si parla di rinforzi e di soluzioni: tante chiacchiere ma finora i fatti stanno a zero. E non rasserena nemmeno la dichiarazione odierna dell’assessore regionale alla Funzione pubblica Bernardette Grasso che parlando di “virtuosa collaborazione istituzionale con i Dipartimenti e le parti sociali” conferma che “metteremo a frutto le dotazioni del Fondo Risorse decentrate destinate ai progetti strategici assegnando un giusto riconoscimento in favore del personale della Regione”.
Per capire meglio la dichiarazione dell’assessore occorre anche riportare la posizione del capo dipartimento al Lavoro, Giovanni Vindigni, espressa a Claudio Reale di Repubblica. “Al tavolo – dice Vindigni – i sindacati mi hanno chiesto di riconoscere ai dipendenti un bonus di 10 euro per ogni pratica analizzata. Io ho solo detto che sottoporrò la questione al vertice politico. Certo è strano chiedere un bonus quando ci sono 130mila siciliani che attendono senza soldi”.
Insomma, tutto si risolverà (si dovrebbe risolvere, non lasciamo troppo spazio alla fantasia) con un bonus per i dipendenti regionali, come se già guadagnassero poco mentre la gente comune non ha da mangiare. E la gente comune fa fatica a comprendere tutto ciò. Un’inefficienza record – che nella migliore delle ipotesi è attribuibile a scarsa programmazione – non viene sanzionata in nessun modo e la conseguente maggiore spesa per l’espletamento delle pratiche verrà addebitata – in un modo o nell’altro – proprio sulle spalle di chi aspetta un contributo vitale.
Una vicenda surreale, da qualunque punto di vista la si analizzi. E di certo non vogliamo cadere nella tentazione di generalizzare: il lavoro in più va pagato correttamente. E se a questo punto si fosse raggiunto un numero congruo di pratiche analizzate, nessuno avrebbe avuto da lamentarsi più di tanto per un riconoscimento economico, soprattutto se simbolico. Ma visto che il rendimento è ben al di sotto del normale, non paga nessuno? Nessuno si dimette? Aspettiamo qualche segnale di chiarezza in più, come sarebbe bello poter fare retromarcia.