Catalogatori, la Consulta dà ragione alla Regione: potranno essere stabilizzati
Il governo regionale è abilitato a procedere alla stabilizzazione di catalogatori e esperti catalogatori (sono 390, in attesa da anni). La Corte costituzionale infatti ha riconosciuto legittimo l’articolo 66 della legge regionale 8/2018, dichiarando non fondata la censura promossa dal governo nazionale.
Secondo la Consulta, la Regione Siciliana ha il diritto di ricomprendere il personale dei catalogatori e esperti catalogatori nella “definizione della dotazione organica dell’amministrazione regionale”, in quanto essa è funzionale “alla realizzazione di esigenze organizzative dell’amministrazione pubblica siciliana”.
La Corte, in particolare, ha stabilito che “la disposizione regionale costituisce espressione della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali, di cui all’articolo 14 lettera P), della Statuto della Regione Siciliana”.
Soddisfazione da parte del presidente della Regione Musumeci che ha voluto difendere le prerogative spettanti al Governo in forza dello Statuto speciale. “Sarà mio impegno, fin dai prossimi giorni, dare attuazione alla legge e assicurare una risposta definitiva al personale che, da anni, disimpegna, negli uffici del dipartimento dei Beni culturali, delicati e impegnativi compiti d’istituto”.
Commenti positivi anche dai segretari generali regionali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, Gaetano Agliozzo, Paolo Montera ed Enzo Tango. “Finalmente una buona notizia per i catalogatori della Regione siciliana. Dopo anni di attesa, una sentenza della Corte Costituzionale dà loro ragione e li autorizza adesso a sperare in una positiva e celere soluzione per la loro vertenza. Questa era anche la strada indicata dal compianto assessore Sebastiano Tusa che aveva firmato una relazione tecnica con cui sottolineava, tra l’altro, che questo passaggio non avrebbe comportato alcun aggravio di spesa per le casse regionali ma avrebbe portato invece a un risparmio di circa un milione e 300 mila euro annui. Si tratta, inoltre, di lavoratori che hanno già svolto le procedure concorsuali necessarie per l’immissione nella pubblica amministrazione già nel lontano 2002”.