Click day, senza una vera “rivoluzione digitale” è uno strumento destinato a fallire
La gestione dell’innovazione ha una regola di base: la piattaforma digitale è lo strumento, ma l’innovazione deve essere prima di tutto organizzativa e culturale. Ecco, il click day è la prova che si è introdotto uno strumento digitale senza attuare l’auspicata “rivoluzione digitale”.
Il click day, promosso per accorciare la filiera del rapporto tra cittadini ed imprese e pubblica amministrazione, applicato senza innovare l’approccio si rivela solo uno strumento di mala amministrazione. E certamente non è uno strumento democratico: perché pone una barriera all’accesso a chi non è digitalmente ben infrastrutturato e a chi non ha adeguate competenze digitali.
L’ultimo esempio ce ne ha dato una dimostrazione lampante: si è dato per assodato che tutti possedessero lo SPID e che tutti gli accessi SPID fossero ugualmente performanti. O nel caso del Bonus Sicilia ci si è sorpresi dell’unica cosa di cui si era più che certi: che in migliaia ne facessero richiesta.
L’innovazione digitale è in grado di generare vantaggi solo laddove è preceduta da una rivoluzione culturale. E perché questi impatti siano positivi, questa rivoluzione deve essere realizzata in modo equo, sostenibile, e soprattutto logico.
Il problema non è tecnologico. Il problema è pensare che il click day sia una buona idea. Si pretende infatti di usare uno strumento digitale, continuando a mantenere una impostazione analogica. Il presupposto per cui si ricorre al click day è chiaro: permettere a centinaia di migliaia di utenti di inserire una domanda per accedere ad un finanziamento e gestire la coda delle richieste seguendo l’ordine cronologico delle domande. Il risultato che si ottiene, applicandolo senza prima avere riorganizzato i processi, è però il flop per crash del sistema o un sistema di accodamento barocco che non avrà comunque alcun positivo impatto nella velocità di erogazione.
Soprattutto se la Pubblica Amministrazione già possiede il dato dei beneficiari. Ovvero, se il click day intende offrire un canale di richiesta a tutti i beneficiari, laddove i dati sono già noti alla pubblica amministrazione, perché ricorrere al click day? Un concetto che appare elementare anche ai non addetti ai lavori, ma che deriva dal pensare che il trattamento del dato in rete garantisca trasparenza e pari opportunità di accesso. Ma anche questo si è dimostrato fallace. E non evita la coda fisica, sostituita dall’accodamento digitale. Logica analogica applicata forzatamente ad un processo digitale.
I click day sono il frutto di una cultura che non innova. Perché ci sia cambiamento serve sapere innovare. Le innovazioni tecnologiche necessitano prima di tutto di Istituzioni pronte ad abbracciare i cambiamenti. Perché altrimenti si corre il rischio di subire le conseguenze dell’innovazione. Non di governarle. Per sfruttare la potenza degli strumenti digitali è prima di tutto necessario un cambiamento di approccio culturale. E questo cambiamento deve partire proprio dall’alfabetizzazione digitale anche di chi dirige gli uffici preposti a realizzare queste “soluzioni”. Perché nessuno potrà mai dare una direttiva di cambiamento se non ha dentro di sé gli strumenti per realizzare prima di tutto il cambiamento organizzativo e culturale. E forse la volontà e capacità di innovare.
Cambiare ed innovare sono un modo di pensare, prima che una piattaforma. Chi non si mette in discussione non può innovare. E forse questo è il vero limite di una classe dirigente che pensa che il click day sia la soluzione e non invece la spia del problema. Siamo sicuri che il problema sia il click day?
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