Crisi di governo, un mare di contraddizioni. La coerenza in politica paga ancora?

La politica a cui abbiamo assistito negli ultimi dodici mesi e che stiamo vivendo in questi giorni è certamente diversa da quella meno sguaiata, più composta, più “istituzionale” che avevamo conosciuto tanti anni fa incarnata da Moro, De Gasperi, Saragat, La Malfa, Leone, ma anche – possono piacere o meno – da Andreotti, Craxi, Berlusconi.

C’era, in quella “politica”, una certa coerenza tra quello che raccontavano alla nazione e quello che poi era il loro comportamento che potremmo definire “istituzionalmente lineare”. Ma è vietato cambiare idea? Certo che si può cambiare idea ma non in maniera repentina, alla “Speedy Gonzales”, perché la gente non capisce.

Oggi assistiamo ad uno scambio di accuse tra due gruppi che ci hanno raccontato per mesi che il governo Conte sarebbe durato un’intera legislatura. Osservatori, politici, giornalisti avevano bollato il governo giallo-verde come “innaturale” perché metteva insieme il diavolo e l’acquasanta che in campagna elettorale se le erano date di santa ragione e che avevano presentato agli elettori due programmi diversi, agli antipodi, contrari su ogni tema.

Per colpa di una legge elettorale, monca, costruita per premiare il partito del deputato che l’ha pensata e scritta, si è finito col creare il caos perché la legge non ha previsto di assegnare un premio di maggioranza al partito o alla coalizione che avesse raggiunto una certa percentuale di consenso non sufficiente per potere governare. Come si potevano concepire due programmi così diversi e contrari? Boh! Eppure la coalizione che aveva ottenuto la maggioranza dei voti degli italiani è stata sbrindellata per creare un governo, come dicevamo prima, innaturale scrivendo un contratto, come quelli che si stipulano tra venditore e compratore, che non ha nulla di giuridico: un accordo di programma, come lo si è sempre chiamato.

Cosa sia frullato nella mente del ministro Salvini che ha deciso di aprire la crisi, se lo chiede tutt’ora la stragrande maggiorana di ministri, parlamentari e fans della Lega. Se lo sarà chiesto anche lui, tanto che – comprendendo di essersi infilato in un baratro – sta cercando di tornare indietro come se nulla fosse successo, mantenendo ancora la mozione di sfiducia per Conte e scivolando in alcuni strafalcioni “istituzionali” che uno che vuole accreditarsi come prossimo premier non avrebbe dovuto proprio commettere.

Sapeva, Salvini, che prima che si formasse questo esecutivo il movimento di Grillo aveva chiesto al PD se fosse disponibile a farne parte. Non immaginava, partendo da una posizione di forza e contando sulle aspre critiche che i massimi esponenti del PD, soprattutto da quello renziano a quello zingarettiano, avevano riversato sul suo capo ma anche su quello di Di Maio e company, che si sarebbero immediatamente fidanzati. Non avrebbe mai creduto che proprio dall’ex premier Renzi arrivasse immediatamente il “soccorso rosso” a Di Maio, scompaginando i piani dell’inquilino del Viminale che aveva immaginato di correre da solo alle elezioni chiedendo finanche “pieni poteri”.

Ha dovuto fermare la sua corsa verso il potere assoluto, il buon Salvini, comprendendo che avrebbe avuto ancora bisogno di Berlusconi e della Meloni (che negli ultimi tempi ha piantato paletti cercando di lasciare fuori il cavaliere), percependo dall’alto del Viminale un venticello di proteste sempre più ampio, di fischi e di cartelli ostili che lo hanno accolto nel suo tour nelle spiagge del sud. Probabilmente in questi luoghi, dalla Calabria alla Sicilia, ha immaginato che una coalizione destra-destra non avrebbe avuto la maggioranza in parlamento, non più perlomeno dopo la mossa errata dell’apertura della crisi ferragostana.

I Grillini lo hanno tacciato di alto tradimento “alla Scilipoti”, il deputato eletto con la lista Di Pietro additato come il simbolo del “trasformismo parlamentare” per aver votato la fiducia al governo Berlusconi. Proprio Scilipoti intervistato qualche giorno fa ha espresso il suo parere sul ministro degli Interni: “Salvini in 14 mesi ha tradito due volte: a marzo dello scorso anno ha tradito Silvio Berlusconi – dopo aver preso il voto degli elettori di Forza Italia – per andare con il M5S e ora tradisce i grillini per dare il via ad un nuovo governo. È totalmente privo di correttezza nei confronti degli italiani. Un irresponsabile”.

Dal “tradimento” reale o fasullo, fate voi, arriviamo agli errori istituzionali commessi da Salvini, come quello di “votare il taglio dei parlamentari come vuole Di Maio e poi andare subito al voto”. Contro questa “aberrazione” ha espresso il suo parere Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Corte costituzionale, secondo cui questa ipotesi è impossibile da realizzare.

Cassese spiega che “vi sono chiari ostacoli di ordine costituzionale. Infatti, in assenza di una votazione a maggioranza qualificata di due terzi, alla terza e quarta votazione, può esser richiesto il referendum confermativo. Questo comporta tempi tecnici necessari, in base alla Costituzione, che impediscono elezioni immediatamente dopo il quarto passaggio parlamentare. Né si può, come pure accennato dal ministro dell’Interno, approvare una riforma costituzionale, metterla poi subito in frigorifero ed applicarla in data differita”.

Ma la nuova composizione governativa tra 5 Stelle e Pd sembra reale ogni giorno di più perché nessuno dei due partiti vuole affrontare nuove elezioni. I grillini perché i sondaggi li danno in discesa costante e anche perché una gran numero di essi dovrebbe restare a casa per via del divieto di candidarsi oltre i due mandati: da Di Maio a Toninelli, a Fico sarebbero out. Sono contrari all’accordo con il Pd, invece sia Di Battista che il suo discepolo Paragone (entrambi con una legislatura e virtualmente nuovi padroni della macchina).

Ma anche nel PD vi sono i contrari che minacciano la scissione se accordo si farà. Contrari come Francesco Boccia che ha scritto su Renzi: “Il teorico della politica dei pop corn, dei #senzadime, del ‘mai con il M5S’… (strategie che hanno contribuito a far arrivare Salvini al 40%…) propone un governo con il M5S per fermare Salvini. Un capolavoro di coerenza e lungimiranza. Non sarebbe stato più corretto venire in direzione, proporre le sue tesi, sottoporle a un confronto costruttivo e a un voto?”.

Interrogativi e certezze, come quelle di Carlo Calenda. L’ex ministro Pd definisce “folle” quello che ipotizza Renzi: “È un tentativo di prendere qualche mese in più, nel frattempo levare le castagne dal fuoco con un governo tecnico che dovrebbe fare una manovra lacrime e sangue, votandola assieme al Movimento 5 Stelle e a Forza Italia per avere infine Salvini al 60%. Va costruito un fronte largo e andare al voto senza paura, perchè altrimenti oltre al rischio di perdere le elezioni c’è la certezza di perdere l’onore. Sarebbe oltretutto un favore a Matteo Salvini, il quale non aspetta altro che fare sei mesi di campagna elettorale dando addosso a un governo tecnico sostenuto da Pd e M5S. Noi a quel punto non avremmo la possibilità di essere credibili con gli elettori. Non possiamo fare accordicchi o scorciatoie”.

I 5 Stelle non sono poi tutto l’orrore che si è detto contro di loro, avrà pensato Renzi, al quale non è parso vero ritornare sulla cresta dell’onda mediatica così come il suo delfino siciliano, Davide Faraone, che non più tardi di qualche settimana fa, il 22 luglio, all’indomani della sua “epurazione” dichiarava che era stato fatto fuori dalla segreteria regionale del Pd “perchè ostacolo ad accordo con M5s. Stanno epurando uno a uno quelli che vengano considerati i renziani del Pd per dimostrare a Di Maio di avere le carte in regola per un accordo. E che sia Franceschini uno dei protagonisti di questo schema è ormai abbastanza chiaro. E’ un’operazione cinica e pericolosa contro cui mi batterò fino alla fine“.

Infatti, venti giorni dopo (11 agosto) si dice d’accordo con Renzi “che ha tracciato una strada che condivido al 100%. Sgonfiamo un po’ il pallone gonfiato, ripariamo i danni economici causati dal governo Conte/Salvini/Di Maio e chiamiamo gli italiani a decidere sulla riduzione del numero dei parlamentari”.

Mentre il 13 agosto ha dimenticato del complotto ai suoi danni per fare l’accordo con i grillini tanto da dichiarare di essere in “Pieno risveglio democratico. Abbiamo ingoiato qualche rospo, (grillino?) ma io considero un gran successo per tutti gli italiani quel che sta accadendo”.

E mentre il portavoce dei gruppi parlamentari di Forza Italia Giorgio Mulè definisce “le nozze dell’inganno”, il probabile accordo tra PD e M5S, aspettiamo le prossime mosse che ripartiranno dopo le comunicazioni del premier Conte in Parlamento. Un’ultima questione da sottolineare: ognuno degli attori in opera si affida “con fiducia alle decisioni che assumerà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella”, anche quelli che avevano proposto la “messa in stato di accusa del Capo dello stato”.

E torniamo all’incipit: la coerenza in politica paga ancora?

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