“Dati falsi sul Covid in Sicilia”: tre arresti. Razza (indagato) non risponde ai pm

Bufera all’assessorato regionale alla Sanità. I Carabinieri del comando provinciale e del Nas hanno notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari a una dirigente generale della Regione e a due suoi collaboratori. I coinvolti avrebbero alterato i dati sulla pandemia diretti all’Istituto Superiore di Sanità, modificando il numero dei positivi e dei tamponi. La sede dell’assessorato regionale alla salute, in piazza Ottavio Ziino a Palermo è stata inoltre oggetto di perquisizioni (con computer al setaccio e cellulari sequestrati), con ripercussioni sul piano operativo e la mancata trasmissione a Roma dei dati odierni sull’epidemia.

Per la vicenda è indagato anche l’assessore alla Salute Ruggero Razza, al quale è stato notificato un invito a comparire e sono stati sequestrati i telefoni cellulari (Razza ha nel frattempo dato le dimissioni). Gli investigatori però specificano che non emerge “compendio investigativo grave”, ma “è emerso il parziale coinvolgimento nelle attività delittuose del DASOE”. L’ex assessore – accompagnato dal suo legale, l’avvocato Enrico Trantino – si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai pm di Trapani.

Sono quindi agli arresti domiciliari Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, il funzionario Salvatore Cusimano, e Emilio Madonia, dipendente di una ditta che si occupa dei flussi informatici dell’assessorato. Nell’inchiesta risultano indagati anche il vice capo di gabinetto dell’assessore Razza, Ferdinando Croce, e Mario Palermo, direttore del Servizio 4 del Dipartimento retto da Maria Letizia Di Liberti.

Dal mese di novembre sarebbero circa quaranta gli episodi di falso documentati dagli investigatori dell’Arma, l’ultimo dei quali risalirebbe al 19 marzo 2021. Sono state effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di altri sette indagati, alla ricerca di materiale informatico e documenti utili alle indagini.

Il fascicolo è stato aperto dalla Procura di Trapani ma sarà trasmesso ai pm di Palermo in quanto (scrive il gip) “i reati contestati in ciascuno dei capi di incolpazione devono ritenersi commessi, il primo, a Palermo – dove si colloca la postazione dell’addetto della Regione Sicilia che ha provveduto al caricamento dei dati, così effettuando la falsa attestazione – e, il secondo, a Roma, dove hanno verosimilmente operato i soggetti indotti in errore”.

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