“Dinastia” mafiosa a Barcellona Pozzo di Gotto: scatta un maxi blitz con 59 arresti

I carabinieri del Comando Provinciale di Messina e del Ros hanno arrestato 59 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, spaccio, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, reati aggravati dal metodo mafioso.

—–> I NOMI DEGLI ARRESTATI

L’operazione, denominata “Dinastia”, nasce da un’inchiesta della Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio De Lucia (nella foto), sulla “famiglia” mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, clan storicamente legato a Cosa nostra palermitana. L’indagine ha portato all’arresto di affiliati e gregari della cosca barcellonese che negli ultimi anni ha investito massicciamente nel settore del traffico di sostanze stupefacenti per integrare i guadagni illeciti delle estorsioni.

Dalle indagini emerge che c’erano i figli degli storici capimafia della zona ai vertici dei clan di Barcellona: una struttura criminale che operava con metodo mafioso, nel traffico e nella distribuzione di fiumi di cocaina, hashish e marijuana, nell’area tirrenica della provincia di Messina e nelle isole Eolie, anche rifornendo ulteriori gruppi criminali satelliti, attivi nello spaccio minore. L’operazione ha fatto luce anche su numerose estorsioni messe a segno da anni da esponenti della famiglia mafiosa a commercianti e imprese del territorio barcellonese.

Commercianti, imprenditori, agenzie di pompe funebri, ma anche chi vinceva alle le slot machine finiva nel mirino del racket nel messinese. I clan di Barcellona Pozzo di Gotto chiedevano soldi a tappeto. A raccontare i particolari delle attività illegali delle cosche sono diversi pentiti come Carmelo D’Amico, Aurelio Micale e Nunziato Siracusa. I collaboratori di giustizia hanno riferito che due ragazzi, avevano vinto 500mila euro giocando ad una slot-machine installata nel centro scommesse Snai di Barcellona Pozzo di Gotto. La vincita aveva suscitato l’interesse dell’organizzazione mafiosa barcellonese che si è subito attivata per chiedere il pizzo sull’incasso, riuscendo a ottenere con le minacce 5mila euro.

ALipari operavano due distinti gruppi criminali con a capo Simone Mirabito, Andrea Villini e Antonio Iacono. Le due bande agivano in regime di duopolio servendo la clientela dell’isola con ogni tipo di stupefacente, parte del quale veniva acquistato tramite la famiglia mafiosa barcellonese. A Terme Vigliatore è stata accertata un’altra piazza di spaccio gestita da un gruppo organizzato che vendeva cocaina e marijuana, ed era in contatto con esponenti del clan barcellonese. I pusher utilizzavano come base logistica, il Bar “Il Ritrovo” che è stato sequestrato. Altra banda operava a Milazzo dove operavano Francesco Doddo, Giovanni Fiore, Francesco Anania, Gjergj Precj e Sebastiano Puliafito.

Uno dei principali canali di approvvigionamento di droga del clan barcellonese era quello calabrese che faceva capo a Giuseppe Scalia che provvedeva a consegnare la droga ai corrieri barcellonesi e milazzesi che si organizzavano per prelevarla solitamente in Calabria attraverso lo stratagemma del noleggio di autovetture di comodo o utilizzando degli scooter o talvolta, per evitare i controlli stradali di polizia, attraversando lo stretto senza mezzi di trasporto per poi fare rientro a Messina con zaini o borsoni carichi di droga. A Catania, ad interagire con i barcellonesi e con il gruppo dei milazzesi era Salvatore Laudani, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e collegato alla criminalità mafiosa catanese. Infine i barcellonesi si rifornivano a Messina da Francesco Turiano del clan di Mangialupi.

I clan di Barcellona Pozzo di Gotto disarticolati dal blitz dei carabinieri oggi avevano una grossa disponibilità di armi. Già nel 2014 fu trovato un vero e proprio arsenale, interrato vicino alla casa della famiglia Anania. A parlare del ruolo degli Anania agli inquirenti è stato il pentito Carmelo D’Amico che ha svelato la contiguità al clan di Francesco Anania, ex carabiniere ora detenuto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.

Tra gli arrestati ci sono Nunzio Di Salvi, figlio di “Sam” Di Salvo; Vincenzo Giolitti, figlio del capo della famiglia mafiosa barcellonese Giuseppe e Cristian Barresi, figlio di Eugenio e nipote del boss Filippo Barresi. I tre “figli d’arte” hanno assunto ruoli di rilievo nell’attività del traffico di stupefacenti. Erano loro a risolvere le controversie legali ai traffici di droga e a tenere i rapporti con altri gruppi criminali calabresi e catanesi fornitori delle partite di stupefacenti che venivano poi distribuite nell’area tirrenica della provincia di Messina, anche attraverso gruppi minori, autorizzati a spacciare sul territorio a Milazzo, Terme Vigliatore e a Lipari.

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