Draghi, il cambio di passo che fa bene all’Italia. E chissà che il Ponte sullo Stretto….

Molti magari non condivideranno quella che è la sensazione prevalente ma finalmente abbiamo un Premier del quale andare fieri e che trasmette fiducia nel futuro, senza enfasi, ma con autorevolezza, competenza e serietà. A quanti dicono che con Draghi non è cambiato nulla e che in fondo sta continuando a fare quello che aveva iniziato Conte, dico che o sono superficiali o sono in malafede. Per tutti bastino due argomenti: il Piano vaccinale ed il PNRR.

Non occorre molto a dimostrare che con questo Governo e con il nuovo commissario Figliuolo vi sia stato un repentino cambio di passo sia nel numero di vaccinazioni giornaliere, sia nei criteri di priorità, finalmente più oggettivi e meno aggirabili da parte dei “furbetti delle vaccinazioni“. Per quanto riguarda il PNRR, confrontando quanto predisposto a dicembre dal Governo Conte con quello presentato in settimana da Draghi, non si può fare a meno di riconoscere che siamo di fronte a due diverse concezioni che hanno una direzione, una visione e soprattutto un’anima diversa. Chi vuole lo verifichi personalmente leggendo i due Piani, oppure consultando gli articoli della stampa specializzata.

Mi ha colpito l’introduzione di Draghi per quello che è di certo l’atto più importante dei suoi primi 70 giorni. “Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese”.

Un discorso insolito rispetto a quelli a cui ci aveva abituato nel ruolo di presidente della BCE, che ha fatto trasparire uno stile sorprendentemente caldo ed empatico ed anche insolitamente ricco di una certa enfasi, che trasmette speranza e ottimismo ragionato nel futuro.

La massa finanziaria a disposizione del PNRR è veramente enorme, superiore a quella del Piano Marshall, così come molte sono le recriminazioni per gli interventi mancanti, con in testa quella dei 550 sindaci del Sud che domenica 25 aprile hanno manifestato a Napoli. Ma il presidente Draghi, nella sua replica al Senato, ha fatto capire che serve a poco avere maggiori risorse, se poi non si spendono. E forse non ha tutti i torti. Non vi è dubbio che al Sud, e in particolare in Sicilia, dovremmo iniziare a dimostrare che siamo in grado di saper fare i compiti in casa nostra.

Abbiamo una Pubblica Amministrazione che funziona poco e male, tante riforme da portare avanti che si rinviano di legislatura in legislatura, tanti cronici ritardi in tutti i settori vitali della nostra economia, tanti servizi pubblici da ottimizzare e tanti interventi sociali da realizzare. Eppure stiamo fermi ad attendere non so quali eventi e non capisco bene il perché. Più volte ho segnalato la necessità di superare questo immobilismo e la necessità di approntare un programma di leggi e riforme da realizzare nell’ultima parte di questa ulteriore sfortunata legislatura. Ma, evidentemente, nessuno sente questa necessità e già mi sembra si sia entrando nel pieno clima della campagna elettorale che si prevede lunga, noiosa e deleteria per la Sicilia.

Ci sono degli argomenti che dovrebbero valere per tutti e non andrebbero utilizzati a scopo elettorale. Ad esempio, si parla del Ponte sullo Stretto, un’opera simbolo che dovrebbe caratterizzare un’epoca ed uno spot per la tecnica e il genio italico, oltre che un ulteriore elemento di attrattività turistica. Draghi ha annunciato che il Ministro delle Infrastrutture invierà la relazione tecnica al Parlamento che è chiamato ad esaminarla ed ad esprimersi. Almeno su questo ci potrebbe essere la convergenza delle forze politiche e della deputazione siciliana, che prevalgano i discorsi di merito rispetto alle posizioni di principio e che si indirizzi la scelta verso la realizzazione di un’opera di cui si parla da quando sono nato. A prescindere dagli elementi tecnici e di opportunità, legati al rapporto costi-benefici, penso che anche Draghi sarebbe contento di poter annoverare tra i progetti del suo governo anche il Ponte di Messina.

Oggi Draghi a livello internazionale gode di una considerazione, di una stima e di una fiducia mai registrata in passato da altri Presidenti del Consiglio, esaltata e riconosciuta dai maggiori giornali del mondo. Il nostro Premier è proiettato verso quel ruolo guida dell’Euro Gruppo, grazie anche al venir meno del ruolo della Merkel e delle elezioni presidenziali francesi. Allora, quale vantaggio avrebbe l’Italia a pensare già al dopo Draghi, magari riservandogli il soglio quirinalizio?

Mi sembra un peccato mortale pensare che nel febbraio prossimo dovremo cambiare il Presidente del Consiglio. Un ottimo Capo dello Stato oggi lo abbiamo, per me quello che ha meglio interpretato quel ruolo in base alla Costituzione, lasciamo questa carica nelle sue mani sicure ed affidabili. Sarebbe un bene per tutti ed una garanzia per il futuro, se per affrontare questa difficile, impegnativa ed ambiziosa impresa di Ricostruzione e Rinnovamento dell’Italia, potessimo continuare a giovarci del binomio Mattarella – Draghi per il tempo previsto dal PNRR.

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