Il nuovo sindaco di Palermo? Il centrodestra rischia di “incartarsi” tra veti e ripicche
La lezione di Milano, Napoli e Bologna sembra non avere insegnato nulla alle forze politiche del centrodestra. La prima impressione è che in vista delle elezioni amministrative di Palermo, che si svolgeranno nella primavera del 2022, possa ripetersi lo stesso cliché: una serie di veti incrociati rischia di mandare in fumo quella che – sulla carta – viene presentata come una vittoria facile facile dopo gli ultimi disastrosi anni di gestione Orlando.
Alla candidatura ormai “ufficiale” di Roberto Lagalla, attuale assessore regionale all’Istruzione che ha aderito all’Udc, Stefano Santoro ha contrapposto quella di Carolina Varchi, parlamentare di Fratelli d’Italia. C’è più di un “sospetto” che si tratti di una ripicca personale più che di un’analisi politica, probabilmente perché la candidatura di Lagalla è stata apprezzata dal presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, che – guarda caso – è anche commissario regionale di Forza Italia, partito in cui lo stesso Santoro ha militato a lungo (ora non più), fino ad ottenere la carica di presidente del consiglio di amministrazione della Foss, la Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana.
Anche la Lega di Salvini, che vorrebbe mettere cappello sulla candidatura alla presidenza della Regione, sostiene di avere un buon candidato per la guida di Palermo. E se la Lega dice questo, perché non dovrebbe proporsi per la carica più ambita il capogruppo degli Autonomisti all’Ars, Totò Lentini? Ma fa capolino, ancora soltanto in “controluce”, anche la candidatura di Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars ed ex assessore regionale, che con l’ex ministro Angelino Alfano aveva abbandonato Forza Italia per aderire al Nuovo centrodestra, arrivando a schierarsi con il centrosinistra. Cascio probabilmente vorrebbe essere considerato una sorta di sintesi tra candidato politico e candidato civico, buono per tutte le stagioni.
Mancano ancora alcuni mesi al voto ma i nomi definitivi non possono tardare di molto. L’idea che si ripeta quanto è accaduto a Milano, Napoli e Bologna, regalando la vittoria al centrosinistra al primo turno, non sembra campata in aria.
Senza contare che le elezioni di Palermo faranno da apripista a quelle per il nuovo presidente della Regione, carica per la quale già da tempo c’è la auto candidatura di Nello Musumeci che non ha certo riscosso successo fra gli alleati e che rischia di avvelenare ulteriormente il clima di questa legislatura ormai alla fine e senza grossi traguardi raggiunti. Anzi, ultimamente sono stati numerosi i “ceffoni” subiti dal Governatore che ha tentato di scaricare i fallimenti sui comportamenti altrui. Per fare esempi recenti, basterebbe guardare alla bocciatura del 100% dei progetti sulle risorse idriche che dovevano attingere ai fondi del Pnrr (e ovviamente si è trattato come sempre di un “complotto” ai danni della Sicilia e non di una incapacità della politica e della burocrazia isolana) o l’andamento lento della campagna vaccinale (colpa attribuita ai medici di famiglia che non fanno vaccini, dimenticando però che le dosi ai medici di base non sono mai arrivate, perché sono stati preferiti i mega hub).
Nemmeno nell’altra metà campo, quella del centro sinistra, le cose sembrano filare lisce anche se dal test elettorale delle grandi città italiane è arrivato un segnale di fiducia che ha ringalluzzito tutti. Senza offesa per nessuno, il livello della classe politica (e parliamo di tutta Italia, isole comprese) è sceso di molto, sia in termini strategici che di autorevolezza. E forse non è un caso che i cittadini si allontanino sempre più dalle urne.
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