Ingiusta detenzione di Contrada, annullata “con rinvio” la sentenza di risarcimento

Il risarcimento di 670 mila euro a Bruno Contrada per ingiusta detenzione, deciso quasi un anno fa dalla Corte d’Appello, torna in discussione. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso della Procura di Palermo annullando con rinvio la sentenza. La Corte d’Appello, quindi, dovrà riesaminare la decisione.

Bruno Contrada, ex numero due del Sisde (servizio segreto civile) fu al centro di una lunga, complessa e controversa vicenda giudiziaria: fu anche condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a 10 anni di carcere, sentenza annullata dopo la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di Strasburgo che aveva dichiarato illegittimo il verdetto italiano. La Corte d’Appello gli aveva riconosciuto un indennizzo per l’ingiusta detenzione, sentenza appellata dalla Procura il cui ricorso è stato accolto in Cassazione.

“Aspettiamo di leggere le motivazioni per un esame più approfondito – dice il suo avvocato, Stefano Giordano – Ma, comunque andrà a finire la vicenda, è probabile che il Contrada non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerate la sua età e le sue condizioni di salute e la lunghezza dei tempi processuali”.

Contrada, che adesso ha 89 anni, aveva scontato otto anni tra carcere (quattro anni e mezzo) e domiciliari (tre anni e mezzo). Due anni gli furono condonati per buona condotta. Nella sentenza di risarcimento si era tenuto conto anche dei danni morali ed esistenziali subiti da lui e dalla sua famiglia. Nel 2015 i giudici della Cedu condannarono l’Italia a risarcire il funzionario, destituito dalla polizia di Stato e poi reintegrato come pensionato nel 2017 dal capo Franco Gabrielli, sostenendo che non andava processato nè condannato perché il reato di concorso esterno in associazione mafiosa era stato tipizzato e aveva assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry del 1994.

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