L’Ars approva il Defr: nel 2020, Pil Sicilia a -8%. Prevista una crescita del 7,6% nel 2021
Il Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2021-23 e la relativa nota di aggiornamento sono stati approvati ad ampia maggioranza dall’Assemblea Regione Siciliana. I documenti fotografano la situazione socioeconomica dell’isola alla luce degli effetti della pandemia ed intervengono sul piano della ripresa e della resilienza e su questioni quali i costi dell’insularità.
Il documento sottolinea come la pandemia da Covid19 e gli effetti economici congiunturali abbiano determinato un drammatico aggravamento. Sulla base delle risultante dei documenti approvati dal Parlamento nazionale, le stime di quelli regionali prevedono un decremento del Prodotto interno lordo per il 2020 che si attesta a -8% , mentre per il 2021 si prevede una crescita del 7,6%, del 4,7% per il 2022 e del 3,3% per il 2023. Una crescita molto consistente per il prossimo triennio che tiene conto nelle previsioni delle misure strutturali e straordinarie regionali di sostegno all’economia, ed in parte, investimenti previsti dal Recovery Plan.
Per invertire la tendenza saranno necessari sostegni finanziari efficienti e tempestivi, proprio per far fronte agli effetti più devastanti e paralizzanti della chiusura delle attività e della vita sociale, ma soprattutto investimenti che rimettano in moto l’economia regionale e scongiurino il rischio di una sindrome “depressiva”.
“L’economia della Sicilia – ha detto il vicepresidente ed assessore all’Economia Gaetano Armao – è oggi appesantita dalla grave crisi economica determinata dalle misure di contrasto alla diffusione del Covid19. Una crisi il cui esito deve poter essere una nuova opportunità di lavoro, di impresa, di innovazione per i siciliani. Questo obiettivo si può raggiungere, ma soltanto con uno sforzo straordinario e corale”.
“Il Governo Musumeci – aggiunge Armao – punta alla ricostruzione a partire dalle ingenti risorse convogliate dalla legge di stabilità per il 2020, che in quanto extraregionali necessitano del tempestivo riscontro statale, e dal pieno impiego delle risorse europee. Anche se non va posta in secondo piano la questione delle necessarie misure di riequilibrio e perequazione a tutela del Sud e della Sicilia delle quali i documenti sottolineano carenze e ritardi. E ciò a partire dalla condizione di insularità che, come viene puntualizzato, costa ai siciliani 6,5 miliardi di euro l’anno”.
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