Licenziamenti, divieto prorogato ma è urgente la riforma delle politiche del lavoro

Il 31 marzo sarebbe dovuto scadere il divieto di licenziamento in vigore da marzo 2020: la stima era che ai 444 mila occupati in meno del 2020 se ne sarebbero subito aggiunti altri 400 mila. Prevalentemente donne e giovani e sud. Una faglia a cui il Governo Draghi deve comunque dare una risposta adeguata, che non è solo di risorse ma soprattutto di riforma degli strumenti. Adesso arriva la conferma del Ministro Orlando: il divieto sarà eliminato progressivamente e il blocco sarà selettivo, non sarà più uguale per tutti.

In base alle anticipazioni sul prossimo “decreto Sostegno”, la scadenza di fine marzo troverà un’ulteriore proroga della cassa integrazione Covid (introdotta il 17 marzo 2020 dal decreto Cura Italia e poi rinnovata, attraverso i decreti Rilancio, Agosto e Ristori), da completare entro il 31 marzo per la Cig ordinaria ed entro il 30 giugno 2021 per la Cig in deroga.

Le opzioni sul tavolo sembrano essere due: proroga della Cig Covid sino a fine anno per tutti i datori di lavoro del settore privato che hanno dovuto interrompere o anche solo ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica oppure cassa integrazione gratuita per altri tre mesi, fino al 30 giugno, per tutti e proroga per tutto il 2021 solo per i settori più colpiti dalle restrizioni, come servizi e commercio. Solo per avere idea della dimensione del problema: sono 7 milioni i lavoratori che nel 2020 hanno beneficiato della Cig.

Ma si tratta sempre di misure temporanee per “tamponare” la crisi, ma che non affrontano in modo risolutivo il tema. Per superare gli effetti dello sblocco dei licenziamenti ed arginare i numeri in potente ascesa della disoccupazione serve agire verso un rafforzamento delle politiche attive del lavoro e procedere alla riforma degli ammortizzatori sociali ormai inadeguati alla situazione del mercato del lavoro.

Sotto il termine di ammortizzatori sociali sono raccolte tutte le misure (dalla cassa integrazione alla Naspi) che hanno l’obiettivo di offrire sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Sono dunque strumenti “eccezionali” a cui devono ricorrere le aziende che si trovano in crisi e che devono provvedere a riorganizzazione la loro struttura comprimendo il costo del lavoro.

Per loro natura devono essere strumenti transitori, che devono servire per affrontare la crisi e non per “vivere” la crisi. Un anno di ammortizzatori sociali ha praticamente ingessato lo sviluppo e creato anche seri ostacoli all’innovazione dei cicli produttivi.

Togliendo il blocco dei licenziamenti deve necessariamente essere risolto il tema della riforma degli strumenti di ammortizzazione in una direzione che veda il giusto equilibrio tra protezione del lavoro e sostegno allo sviluppo. La parola necessaria anche in questo caso è: semplificare ma soprattutto innovare. Non si può infatti affrontare un contesto di crisi eccezionale con gli stessi strumenti di prima.

Serve quindi una riforma degli ammortizzatori sociali e soprattutto un sistema efficace di politiche attive che consenta ai disoccupati di riqualificarsi e ricollocarsi. Sul tavolo del ministro Orlando quindi una pratica urgente quanto complessa da cui dipende però anche la sopravvivenza di molte delle aziende e il mantenimento di migliaia di Partite Iva.

Il ministro Orlando ha già presentato alle parti sociali una road map per definire il nuovo sistema di protezione del lavoro che consenta di mettere insieme la tutela del diritto al lavoro con gli obiettivi di ripresa del sistema produttivo richiesti dal Recovery Plan.

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