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Giovanni Brusca.

Mafia, Giovanni Brusca torna libero per fine pena: ha lasciato il carcere di Rebibbia

Giovanni Brusca (ex fedelissimo di Totò Riina in seno a Cosa nostra e poi diventato collaboratore di giustizia) è libero: ha lasciato il carcere di Rebibbia per fine pena, 25 anni dopo il suo arresto nel maggio 1996. A riportare la notizia è L’Espresso.

Brusca (che ammise – tra gli altri – di essere tra gli esecutori materiali della strage di Capaci e di avere ordinaro lo scioglimento nell’acido del piccolo Di Matteo) esce dal carcere con 45 giorni di anticipo rispetto alla effettiva scadenza della condanna, così come accordato dal tribunale di sorveglianza di Roma. Sarà comunque sottoposto per i prossimi 4 anni a libertà vigilata, così come deciso dalla Corte d’Appello di Milano.

Giovanni Brusca viene scarcerato in virtù della legge n°45 del 13 febbraio 2001: avendo scelto di collaborare con lo Stato ha ottenuto gli sconti di pena previsti dalla legge (e applicati alla iniziale condanna a 30 anni di reclusione). Ha dunque finito di scontare la pena. Nell’ottobre 2019 è stata respinta una sua istanza per accedere agli arresti domiciliari; nel novembre 2020 gli era stato negato un ulteriore “sconto” di pena in quanto chiedeva di detrarre 270 giorni di carcere presofferto – periodo trascorso in custodia cautelare – dal cumulo della pena.

Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ha rilasciato una dichiarazione attraverso la Fondazione: “Quello che temevamo da tempo si è avverato: Giovanni Brusca, il ‘macellaio’ che ha premuto il telecomando a Capaci, è libero. Lo prevede la legge, una legge che ha voluto mio fratello e che rispettiamo, ma restano il dolore, la rabbia e il timore che un individuo capace di tanto male possa tornare a delinquere. La sua collaborazione con la giustizia è piena di ombre, la stessa magistratura lo ha detto più volte. ‘U Verru’, il porco, così lo chiamavano i suoi complici, ha nascosto molte verità, specie sulle sue ricchezze che, probabilmente, non sono state confiscate interamente. Ci auguriamo che la magistratura e le forze dell’ordine vigilino: sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Rocco, Antonio e Vito che possa tornare indisturbato a godere di soldi che grondano sangue”.

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