False nozze per ottenere i permessi di soggiorno: 16 arresti a Messina
Sono 16 le persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla Guardia di Finanza di Messina: i soggetti (5 finiti in carcere e 11 agli arresti domiciliari), farebbero parte di due gruppi criminali, con base nel capoluogo messinese, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Avrebbero agevolato l’ingresso e la permanenza irregolare in Italia di cittadini extracomunitari irregolari, realizzando falsi matrimoni per un fatturato complessivo di centinaia di migliaia di euro.
Le indagini, condotte dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia guidata da Maurizio de Lucia e riguardano cittadini che risiedono a Torino, Messina, Bergamo, Catania e Francoforte sul Meno in Germania.
L’inchiesta è nata dall’analisi delle dichiarazioni rese ad alcuni pubblici ufficiali da una serie di cittadine italiane e ha permesso di far luce su un sistema illecito finalizzato all’organizzazione di matrimoni finti tra cittadini italiani e stranieri (marocchini, algerini e tunisini), con lo scopo di far ottenere la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e la permanenza nel territorio dello Stato italiano, o per sanare la posizione di migranti già espulsi. La Finanza ha, poi, accertato strane coincidenze in alcuni matrimoni tra persone di diversa nazionalità. Stessi testimoni, stesse parentele tra testimoni e sposi. E’ sorto così il sospetto che ci fosse una associazione a delinquere che organizzava false nozze.
Le Fiamme Gialle hanno scoperto due organizzazioni criminali, da tempo attive a Messina e con ramificazioni in Marocco, che facevano capo a due cittadini marocchini. Erano loro che si occupavano di organizzare i viaggi in Marocco dei finti sposi, di assisterli durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche: dalle pubblicazioni al rito, sino alla fase finale quando, raggiunto lo scopo, si procedeva alla separazione ed al divorzio. I due “wedding planner” internazionali, però, non operavano da soli, potendo contare su una strutturata organizzazione, articolata su più livelli: un primo, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini, incaricati di reclutare i falsi sposi, di curare l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie a ottenere la documentazione per i cittadini extracomunitari.
La banda era aiutata da due complici in Marocco che procuravano i documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni presso il Consolato generale d’Italia a Casablanca. Prima di giungere alla stipula del contratto gli organizzatori adottavano ogni possibile cautela per provare la falsa convivenza dei novelli sposi: di qui la necessità di individuare una casa da adibire ad abitazione coniugale, in mondo che entrambi i coniugi vi trasferissero la residenza.
Un : tanto incassavano le bande criminali scoperte della Dda di Messina che organizzavano nozze fasulle per far avere i permessi di soggiorno a cittadini extracomunitari. L’inchiesta che ha svelato la truffa ha portato a 16 arresti. I pagamenti avvenivano o attraverso i servizi di Money Transfer o cash. Due o 3mila euro andavano al finto sposo; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interpreti. Uno degli indagati, raggiunto da mandato di arresto europeo, è stato localizzato in Germania, nella zona di Francoforte sul Meno. Dopo la celebrazione del matrimonio, l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno alla Questura di Messina che lo chiamava per verificare la veridicità dell’unione coniugale. La banda interveniva anche istruendo i coniugi sulle risposte da fornire. Finanche l’acquisto delle fedi nuziali, comprate a un euro da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione criminale.
Uno degli indagati, raggiunto da mandato di arresto europeo, è stato localizzato in Germania, nella zona di Francoforte sul Meno. Dopo la celebrazione del matrimonio, l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno alla Questura di Messina che lo chiamava per verificare la veridicità dell’unione coniugale. La banda interveniva anche istruendo i coniugi sulle risposte da fornire. Finanche l’acquisto delle fedi nuziali, comprate a un euro da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione criminale.
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