Misure di prevenzione, restituzione ma senza riconsegna. L’odissea dei Niceta
Ci sarà anche Massimo Niceta, domani, sabato 30 marzo, al convegno – assemblea organizzato dal Partito Radicale e dall’Osservatorio Misure di Prevenzione intitolato “Misure di Prevenzione, interdittive e scioglimento dei Comuni per mafia” che vedrà alternarsi interventi di rappresentanti del mondo accademico, dell’avvocatura, dell’associazionismo, della politica, dell’imprenditoria su diritto, giustizia e sistema antimafia. L’imprenditore palermitano, protagonista insieme alla sua famiglia della cronaca giudiziaria palermitana degli ultimi anni, da ex indiziato e sottoposto a misure di prevenzione, oggi parte civile nel processo Saguto, non ha ancora ottenuto la riconsegna del patrimonio.
Quali saranno le domande che rivolgerà alla platea di tecnici che interverranno a Castelbuono?
“Cercheremo di porre l’attenzione dei professori e degli avvocati che interverranno non solo sul tema del sequestro e della gestione, ma anche sul tema della riconsegna”.
Quando inizia la vicenda giudiziaria della vostra famiglia?
“Le vicende della mia famiglia cominciano nel 2009 quando io e mio fratello veniamo raggiunti da un avviso di garanzia basato su una ipotesi di reato di intestazione fittizia di beni. Procedimento archiviato nel 2010 perché non esisteva nessun presupposto per un rinvio a giudizio. Nel 2013 sulla base degli stessi identici elementi siamo stati raggiunti da due diversi provvedimenti di misure di prevenzione”.
Come si sono conclusi?
“Uno emesso dal Tribunale di Trapani, si è concluso in via definitiva nel dicembre 2017, l’altro emesso dal Tribunale di Palermo, si è concluso in primo grado nell’ottobre 2018. In entrambi i casi è stata rigettata la proposta del PM della confisca dei beni e della misura personale ed è stata disposta la riconsegna di tutto il patrimonio posto sotto sequestro”.
È stata quindi disposta la restituzione…
“Formalmente siamo rientrati in possesso dei nostri beni, ma praticamente ancora non c’è stata alcuna riconsegna perché non esiste più nulla e il poco che rimane dei nostri punti vendita, arredi e attrezzature, è accatastato in un deposito senza alcuna distinzione fra una società e l’altra e senza alcun inventario. Ad oggi non abbiamo ricevuto neanche i rendiconti di gestione seppur parzialmente depositati, rendiconti che ci permetterebbero di capire come sono state gestite le nostre società”.
Cosa verrà restituito?
“Purtroppo nel periodo del sequestro i due amministratori giudiziari che si sono avvicendati hanno fatto fallire tutte le nostre società. Noi avevamo 8 società che gestivano 15 punti vendita al dettaglio di abbigliamento e circa 100 dipendenti. Oggi di tutto questo non restano che i fallimenti in mano ai curatori fallimentari e non sappiamo ancora quanti debiti accumulati durante la gestione”.
Come mai la restituzione è lenta?
“Il sistema non è adeguatamente normato e controllato. Se basta un provvedimento del Tribunale e la sua notifica per spogliarti della tua vita non si può dire che la stessa cosa succeda in fase di restituzione, infatti il solo provvedimento del tribunale non sempre è sufficiente affinché l’amministratore giudiziario riconsegni i beni in maniera tempestiva”.
Cosa manca, a suo avviso, più in dettaglio, nell’attuale sistema di regole?
“Sono tanti gli aspetti che andrebbero rivisti, dalla semplice restituzione dei soldi prelevati dai conti correnti e transitati al Fondo Unico di Giustizia in fase di sequestro, che vengono restituiti dopo mesi della notifica del dissequestro, ai debiti contratti dagli amministratori giudiziari che dovrebbero essere garantiti da una adeguata garanzia statale e che invece non vengono più onorati in quanto restano in capo alle società svincolate. Bisognerebbe stabilire dei tempi certi di riconsegna con modalità prestabilite. Dovrebbero anche essere previsti dei periodi di transizione dell’amministrazione giudiziaria agli aventi diritto perché, se è vero che durante l’amministrazione i beni non possono essere aggrediti da azioni esecutive promosse dai creditori, nel momento del dissequestro e della riconsegna questa tutela si perde immediatamente esponendo i beni ad azioni esecutive scaturite dai debiti contratti dagli amministratori giudiziari”.