Omicidio alla Vucciria, convalidati i fermi. Uno dei Romano: “Burgio ci minacciava”
Il gip di Palermo, Piergiorgio Morosini, ha disposto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere per i tre indagati per l’omicidio di Emanuele Burgio alla Vucciria (nella notte tra sabato e domenica), accogliendo le richiste della Procura.
Nel corso degli interrogatori di garanzia al carcere Pagliarelli, Giovanni Battista e Matteo Romano si sono avvalsi della facoltà di non rispondere; Domenico Romano (49 anni) invece ha parlato a lungo fornendo la sua versione dei fatti sostenendo che l’omicidio sia nato a causa di una lite banale e che non ci sarebbe premeditazione. Versione dei fatti che però non coinciderebbe con quanto invece accertato dagli investigatori.
Domenico Romano sostiene che l’omicidio di Burgio alla Vucciria (nella notte tra sabato e domenica) sarebbe scaturito da un lieve scontro – che risalirebbe a circa 15 giorni prima dell’omicidio – tra la Mercedes della vittima e Giovanni Battista Romano urtato accidentalmente al gomito. Domenico Romano definisce Burgio “rissoso”; il figlio Giovanni Battista gli avrebbe risposto in maniera volgare per poi andarsene.
Ci sarebbero stati poi diversi tentativi di ricomporre la lite, con alcuni incontri. In uno di questi però (secondo quanto riferito agli inquirenti) Burgio avrebbe preso a braccetto Giovanni Battista Romano salvo poi dargli una testata al volto. La sera dell’omicidio, secondo il racconto del 49enne, ci sarebbe stato l’ennesimo tentativo di ricomporre il dissidio. Ma Burgio li avrebbe invece provocati, insultati e minacciati, preparandosi a combattere: Domenico Romano sostiene che Matteo, allora, avrebbe sparato per evitare l’aggressione.
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