Antonio Ingroia

Peculato, Ingroia condannato a un anno e 10 mesi. L’ex pm: “Farò appello”

L’ex pm Antonio Ingroia è stato condannato a un anno e 10 mesi, per peculato, col rito abbreviato dal gup di Palermo Maria Cristina Sala. L’indagine nasce da una segnalazione della Corte dei Conti relativa al periodo in cui Ingroia, su nomina dell’ex governatore Rosario Crocetta, era stato nominato amministratore della società regionale Sicilia e-Servizi.

Secondo il pm Piero Padova, che aveva chiesto la condanna a 4 anni, Ingroia si sarebbe appropriato di indennità non dovute quando era liquidatore della società partecipata regionale. All’ex pm si contestava la percezione di rimborsi indebiti e di una indebita indennità di risultato.  Per la prima accusa l’imputato è stato condannato a un anno e 10 mesi, per la seconda è stato assolto “per non aver commesso il fatto” con la formula dubitativa.

Ingroia fu nominato liquidatore di Sicilia e servizi, società a capitale interamente pubblico. Per tre mesi, nel 2013, ricoprì l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la società ottenne utili per circa 150mila euro. Secondo i pm, bypassando l’assemblea dei soci, l’ex magistrato si sarebbe liquidato in conflitto di interessi un’indennità di risultato di 117 mila euro.

Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, l’accusa ha puntato il dito contro l’ammontare dell’indennità. La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager: quello di Ingroia era di 50 mila euro ma per il 2013, avendo lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore. Peraltro la somma intascata dall’ex manager – non confermato nell’incarico – avrebbe ridotto l’utile della società informatica della Regione a poco più di 33 mila euro. Diversa la valutazione del gup secondo il quale il “fatto non costituisce reato”, formula assolutoria che esclude la sussistenza del dolo.

Sotto inchiesta, anche rimborsi per spese di viaggio. Dovuti solo per i trasporti, diceva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso aveva firmato. In 20 mesi di viaggi tra Roma, città in cui viveva dopo aver lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della società, solo di alberghi e ristoranti avrebbe speso 37 mila euro, tutti pagati dalla Regione. Indebitamente, ha sostenuto la Procura e, vista la condanna, anche il gup.

INGROIA PREANNUNCIA APPELLO: L’ex pm, dopo la sentenza ha annunciato che farà appello “ma resta l’amarezza per una giustizia che si è fermata a metà: mi ha assolto dall’imputazione più grave e mi ha condannato per un’altra che non sta in piedi. Sarebbe ridicolo pensare che avrei dovuto caricarmi le spese di viaggio e di soggiorno. Non era previsto dagli accordi. Anzi, era chiaro che quelle spese non gravassero sul mio stipendio di tremila euro al mese. Del resto anche al mio predecessore, che veniva da Catania, gli venivano rimborsate le spese. E nessuno ha mai sollevato alcun dubbio”.

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