Peppino Impastato, 44 anni fa l’omicidio a Cinisi. “La sua vita è un inno alla libertà”

Quarantaquattro anni fa a Cinisi Peppino Impastato, speaker di Radio Aut e figlio ribelle di Luigi Impastato e Felicia Bartolotta, veniva ucciso dalla mafia per volere del boss Badalamenti. Il 9 maggio del 1978, infatti, avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale, ma così non è stato perché le sue denunce, fatte via radio, avevano colpito nel segno e quindi è stato messo a tacere.

Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ricorda così l’anniversario – “L’esperienza umana e culturale di Peppino Impastato è un invito a tutti a rifiutare i condizionamenti criminali. È un inno alla libertà, al recupero della dignità umana. La storia di Impastato ci ha insegnato, anche, a non smettere mai di cercare la verità, a lottare per ottenerla. “Una verità che per troppo tempo è stata allontanata da un depistaggio ordito da pezzi dello Stato. Impastato pagò con la vita l’avere sfidato la mafia in un territorio in cui si era stabilito un sistema di relazioni tra apparati dello Stato e mafiosi che governavano la Sicilia. La sua figura rimane un punto di riferimento per quanti hanno scelto di schierarsi contro la mafia e i suoi legami con la politica, facendo scelte di rottura senza compromessi. Il recupero del Casolare dove fu ucciso è un ulteriore contributo alla gratitudine e all’ammirazione da parte di tutti e uno stimolo anche di conoscenza dell’impegno per i diritti delle future generazioni”.

La Cgil Palermo partecipa alle iniziative promosse da “Casa memoria Felicia e Peppino Impastato” per l’anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato. “Questo 9 maggio, dopo le interruzioni causate dalla pandemia, saremo nuovamente a Cinisi al corteo con lo striscione della Camera del Lavoro e le bandiere della Cgil – dichiara il segretario generale Cgil Palermo, Mario Ridulfo – Continuiamo il nostro percorso di mobilitazione e di lotta, nel nome di Peppino Impastato e di tutte le vittime della mafia. Saremo a Cinisi per dire che non siamo indifferenti alla violenza mafiosa, alla violenza fascista, alla violenza del capitalismo privato, ma anche alla violenza di un capitalismo di Stato che ci vuole rassegnati e che alimenta le differenze tra le persone e lo sfruttamento delle persone”.

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