Questione morale all’ARS: Micciché e Musumeci ‘bacchettano’ il M5S
L’Assemblea regionale siciliana si è riunita per dibattere della ‘questione morale’. Una seduta programmata da oltre dieci giorni che, casualmente, capita il giorno dopo gli arresti degli Arata e di qualche funzionario della regione.
La richiesta di tenere una seduta per dibattere della questione morale, alla luce di diverse inchieste che avevano coinvolto esponenti politici regionali, era giunta dal presidente della commissione Antimafia di Palazzo dei Normanni, Claudio Fava.
L’aula presieduta da Gianfranco Miccichè, ha visto gli interventi dei rappresentanti dei gruppi parlamentari e prima di dare la parola per l’intervento del presidente della Regione, è stato lo stesso Miccichè che ha voluto ricordare come sia “pericolosissimo additare come condannato chi ha ricevuto un avviso di garanzia, e lo dico ricordando il mio amico Gaspare Giudice, che mori per un tumore provocato, come dissero i medici, dallo stress che gli provocò quell’indagine da cui fu assolto. Facciamo attenzione dunque, usiamo prudenza – ha concluso Micciché”.
L’INTERVENTO DI MUSUMECI – “Siamo tutti onesti in quest’aula ma non ce n’è uno che lo sia più di me”.
Così il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha esordito nel suo intervento in Assemblea Regionale Siciliana, riunita per il dibattito sulla questione morale.
“In Sicilia sono stati fatti passi avanti, tuttavia rimane ancora tanto da fare – ha aggiunto Musumeci – Non accetto la logica che da questo dibattito emerga qualcuno che possa fare la lista dei buoni e dei cattivi per distinguere le persone per bene e i mascalzoni. Io sono orgoglioso della squadra dei miei assessori, lo dico senza se e senza ma. E io assumo per intero il peso delle loro responsabilità politiche, quelle penali attengono all’esercizio di chi le commette. Nessuno pensi che io sia qui per cambiare gli assessori, ma sono qui per dire con orgoglio di appartenere al partito dei garantisti”, rispondendo ai parlamentari del M5s, che hanno criticato il governatore sostenendo che abbia girato la testa rispetto agli avvisi di garanzia ricevuti da 4 assessori per motivi differenti.
“Fino a pochi anni fa – ha proseguito Musumeci – i corridoi di tutti gli assessorati erano affollati di traffichini, accattoni e lobbisti. Persino gli uffici di gabinetto consentivano ai galoppini di fiducia di vigilare e poi riferire al politico che li aveva segnalati all’assessore di turno. Ora questa prassi è meno presente. Gli agricoltori sanno che per estirpare la gramigna non basta una sola stagione. È presente però la pratica dei lobbisti negli assessorati, gli ultimi fatti di cronaca lo dimostrano. Nel vuoto del nostro ordinamento il traffico di influenza finisce per diventare un reato omnibus”.
“In quest’aula – ha continuato Musumeci – gli avvisi di garanzia hanno interessato tutti i gruppi politici, compreso il M5s, e nessuno si è mai alzato dai banchi del centrodestra o del centrosinistra per puntare l’indice contro quelle persone: nessuno […] Una cosa è l’avviso di garanzia, altra cosa il rinvio a giudizio, altra cosa ancora è la condanna di primo grado, poi c’è quella di secondo grado e quella definitiva. Una cosa è la morale che codifica i valori etici personali e non collettivi, e un’altra cosa è la giustizia, che è una sorta di visione laica del governo”.
Poi il monito del Presidente della Regione Siciliana, rivolgendosi ai parlamentari pentastellati: “Non si confonda la giustizia col giustizialismo, come qualcuno questa sera ha tentato di fare: ha ragione il sindaco di Roma Virginia Raggi, evitiamo di trasformare l’avviso di garanzia in un manganello. Ha talmente ragione la grillina Raggi che da sindaco della Capitale d’Italia ha ritenuto di non dimettersi, nè quando ha ricevuto l’avviso di garanzia nè quando è stata rinviata a giudizio: ha fatto bene. Perché siamo all’uso politico della giustizia”.
Musumeci ha, infine, fatto un elenco di grillini indagati e anche i nomi di politici che dopo gli avvisi di garanzia sono stati del tutto scagionati dalle accuse.
LA REPLICA DEL M5S – “Quattro assessori regionali, due presidenti di commissione e quasi un quarto di deputati dell’Ars indagati? Ci dispiace, ma se questo per Musumeci e gli altri partiti è normale, per noi non lo è, e non potrà mai esserlo”. Lo ha affermato Francesco Cappello, capogruppo del M5S all’Ars, a conclusione del dibattito sulla questione morale.
“Giustizia e giustizialismo – ha continuato Cappello – non vanno assolutamente confusi? Siamo d’accordo. Ma non si può sempre e comunque aspettare il terzo grado di giudizio, specie quando si è colpiti da capi d’accusa molto gravi e si occupano posti di grande responsabilità. Savona, ad esempio, continua a dirigere la commissione più importante del Parlamento, tra il silenzio generale, pur essendo accusato di truffa. Ci dispiace non possiamo accettarlo”.
“Musumeci – ha aggiunto Cappello – deve pure fare pace con se stesso. Ci spieghi come si possano aspettare i tempi della giustizia, come ha affermato, quando dice che la politica deve anticipare la magistratura”.