Sea Watch 3: appello dei migranti a bordo, ma la Corte europea respinge il loro ricorso
“Non ce la facciamo più, qui siamo come in prigione, aiutateci a sbarcare presto, a mettere i piedi giù da questa barca”. È l’appello lanciato dai migranti a bordo della Sea Watch 3 da 13 giorni al largo di Lampedusa. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha però respinto il loro ricorso per chiedere all’Italia di consentire lo sbarco.
Il ministro Salvini si dice soddisfatto: “Porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici”. Ma la Corte ha comunque “indicato al governo italiano che conta sulle autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell’età o dello stato di salute che si trovano a bordo della nave”.
Le grandi sofferenze dei migranti erano state mostrate nelle ultime ore in un video della Ong pubblicato sulla pagina Facebook del Forum Lampedusa solidale: “”Siamo tutti stanchi, esausti, stremati – ha detto uno di loro – pensate ad una persona appena uscita di prigione e fuggita dalla Libia, che ora si trova qui seduta o sdraiata. Immaginatevi come debba sentirsi questa persona”.
I migranti sottolineano che a bordo “manca tutto, non possiamo fare niente, non possiamo camminare né muoverci perché la barca è piccola mentre noi siamo tanti. Non c’è spazio”. L’Italia “si rifiuta di farci approdare”, proseguono, “chiediamo l’aiuto delle persone a terra, qui non è facile, non è facile stare su una barca piccola. Per favore – concludono i migranti – non ci lasciate qui cosi, non ce la facciamo più”.
LA RISPOSTA DI MATTEO SALVINI – “La Sea Watch in Italia non ci arriva, possono stare lì fino a Natale. In 13 giorni se avessero avuto veramente a cuore la salute dei migranti sarebbero andati e tornato dall’Olanda.”. Lo ha detto il ministro dell’interno Matteo Salvini ribadendo che non consentirà alla nave di entrare in acque italiane e aggiungendo che “l’Italia non si fa dettare la linea da una ong che non rispetta le regole”.
L’APPELLO DELLA BOLDRINI – “Dopo 13 giorni passati al largo di Lampedusa a causa del divieto del governo italiano non si può più ignorare la situazione della Sea Watch 3 e delle 43 persone a bordo che fuggono da un paese in guerra. A Berlino ho sollecitato il viceministro degli esteri tedesco Niels Annen perché il governo tedesco si adoperi a trovare una soluzione condivisa e stabile sul piano europeo tenendo conto della grave situazione di conflitto che investe la Libia, nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951 e del diritto europeo e di quello internazionale”. Lo ha dichiarato la deputata di LeU Laura Boldrini.
E questa sera, dalle 21 sul sagrato della Cattedrale di Palermo ci sarà un presidio di solidarietà per la Sea Watch 3.
Hanno dato la loro adesione Legambiente Sicilia, Mediterraneo Antirazzista, Forum Antirazzista, Laici Comboniani Palermo, Emmaus Palermo, Cobas Antirazzista e Cobas Scuola Palermo, l’associazione Antimafie Rita Atria e Arci Sicilia.
Il presidio di solidarietà in qualche modo raccoglie l’invito lanciato qualche giorno fa dal parroco della chiesa di Lampedusa don Carmelo La Magra che dorme sul sagrato della chiesa “finchè non sarà consentito ai migranti di scendere a terra in un porto sicuro”.
In una nota viene sottolineato come la vicenda dell’imbarcazione, tenuta fuori dal porto dell’isola, “assume ogni giorno dei contorni disumani. Disumanità tratteggiata nelle ultime ore dal dileggio con cui il ministro dell’Interno ha commentato la disponibilità manifestata dall’arcivescovo di Torino, di accogliere le 43 persone che ormai da 12 giorni sono bloccate in mezzo al mare di fronte alla costa lampedusana. Di fronte a tale disumano trattamento si moltiplicano di giorno in giorno le iniziative e le manifestazioni di solidarietà che prendono quasi tutte spunto da quanto si sta facendo da giorni proprio a Lampedusa, sotto la guida del parroco don Carmelo La Magra. Riteniamo che vada data forza e visibilità a questo segno organizzando sui territori iniziative di identico tenore per far emergere una volta di più in maniera netta la nostra contrarietà alla politica dei porti chiusi, dei respingimenti e della trasformazione del nostro mare in un cimitero sommerso“.