La campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo è già entrata nel vivo, anche se mancano due mesi pieni all’apertura delle urne, il 26 maggio. Ad indicarlo è la quotidiana presenza di Silvio Berlusconi su tutti i canali televisivi, pubblici e privati. Certo, oggi si vota per eleggere il presidente della Regione Sardegna ma se il presidente di Forza Italia ha avviato la sua sovraesposizione politica con così tanto tempo di anticipo è perché sono parecchi i voti che deve recuperare. Il suo partito è passato dai 13 milioni di voti del 2008 ai 4,5 milioni del 2018. Le pecorelle smarrite da riportare a casa sono parecchie.
Berlusconi, nonostante i suoi 82 anni, ha deciso – dopo avere ottenuto la riabilitazione – di candidarsi al Parlamento europeo. Quella che si vede sugli schermi televisivi, è una persona determinata, con la consapevolezza che solo sottolineandone gli errori, gli elettori potranno rendersi conto della politica miope del governo a trazione giallo-verde, ovvero Movimento 5 stelle e Lega. Con grande equilibrio Berlusconi tiene legato a sé Salvini e nello stesso tempo critica le politiche intraprese dal governo di cui la Lega fa parte; sottolinea i successi nelle elezioni amministrativa e nelle regionali del centrodestra unito; non si sbilancia in giudizi trancianti su Di Maio e i suoi compagni di movimento.
In Italia, oltre la Regione Abruzzo, dove si è già votato, e la Regione Sardegna, dove si vota oggi, saranno chiamati alle urne nei prossimi mesi anche gli elettori del Piemonte, della Basilicata, della Calabria e dell’Emilia Romagna. Sono tutti test politici importanti, ma particolare importanza avrà il risultato del Piemonte e dell’Emilia Romagna. Per il centrodestra una eventuale vittoria in queste due regioni, sarebbe il suggello di un ritorno alla vittoria, senza se e senza ma, anche se non sarebbe più Forza Italia il partito leader, ma la Lega di Salvini che a questo punto non potrebbe più fare il pesce in barile, trincerandosi sul patto d’onore firmato con i grillini.
Certamente, sarebbero due successi clamorosi: il Piemonte verrebbe strappato ai grilli che guidano già la giunta comunale di Torino, con la sindaca Chiara Appendino; in Emilia Romagna lo scettro del comando sarebbe strappato al centrosinistra che ha sempre dominato nel triangolo delle ”regioni rosse” che comprende anche Toscana e Umbria. Il Partito democratico, per la verità, ce la sta mettendo tutta per perdere: lo specchio esatto di quanto sta accadendo in Italia è la Sicilia, dove Davide Faraone è stato eletto senza primarie e senza congresso, ma con una delibera della commissione di garanzia, essendo rimasto senza avversari dopo il ritiro dalla corsa di Teresa Piccione.
A livello nazionale, sta succedendo di tutto e di più: giovedì scorso, l’ex renziano Matteo Richetti ha preso le distanze da Maurizio Martina che aveva deciso di sostenere nella battaglia per la conquista della segretaria che è ambita anche da Nicola Zingaretti e da Enrico Giachetti. Ma quanti degli iscritti al Pd andranno a votare nei gazebo domenica? Se i vertici sono spaccati, perché mai la base dovrebbe fare il tifo per uno o per l’altro?
Il centrodestra, in teoria, avrebbe buone chance di vincere le elezioni in Emilia Romagna dove la Lega è diventata sempre più forte, ma da sola non potrà mai conquistare la guida della Regione. I voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia e magari di qualche movimento locale che sta per nascere, saranno determinanti. Chi si aspetta una crisi di governo subito dopo le Europee, probabilmente sarà costretto a spostare la data un po’ più avanti, dopo le Regionali dell’Emilia Romagna.
Si vota in Sardegna con lo sguardo alle Europee. E Berlusconi insegue la rimonta
La campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo è già entrata nel vivo, anche se mancano due mesi pieni all’apertura delle urne, il 26 maggio. Ad indicarlo è la quotidiana presenza di Silvio Berlusconi su tutti i canali televisivi, pubblici e privati. Certo, oggi si vota per eleggere il presidente della Regione Sardegna ma se il presidente di Forza Italia ha avviato la sua sovraesposizione politica con così tanto tempo di anticipo è perché sono parecchi i voti che deve recuperare. Il suo partito è passato dai 13 milioni di voti del 2008 ai 4,5 milioni del 2018. Le pecorelle smarrite da riportare a casa sono parecchie.
Berlusconi, nonostante i suoi 82 anni, ha deciso – dopo avere ottenuto la riabilitazione – di candidarsi al Parlamento europeo. Quella che si vede sugli schermi televisivi, è una persona determinata, con la consapevolezza che solo sottolineandone gli errori, gli elettori potranno rendersi conto della politica miope del governo a trazione giallo-verde, ovvero Movimento 5 stelle e Lega. Con grande equilibrio Berlusconi tiene legato a sé Salvini e nello stesso tempo critica le politiche intraprese dal governo di cui la Lega fa parte; sottolinea i successi nelle elezioni amministrativa e nelle regionali del centrodestra unito; non si sbilancia in giudizi trancianti su Di Maio e i suoi compagni di movimento.
In Italia, oltre la Regione Abruzzo, dove si è già votato, e la Regione Sardegna, dove si vota oggi, saranno chiamati alle urne nei prossimi mesi anche gli elettori del Piemonte, della Basilicata, della Calabria e dell’Emilia Romagna. Sono tutti test politici importanti, ma particolare importanza avrà il risultato del Piemonte e dell’Emilia Romagna. Per il centrodestra una eventuale vittoria in queste due regioni, sarebbe il suggello di un ritorno alla vittoria, senza se e senza ma, anche se non sarebbe più Forza Italia il partito leader, ma la Lega di Salvini che a questo punto non potrebbe più fare il pesce in barile, trincerandosi sul patto d’onore firmato con i grillini.
Certamente, sarebbero due successi clamorosi: il Piemonte verrebbe strappato ai grilli che guidano già la giunta comunale di Torino, con la sindaca Chiara Appendino; in Emilia Romagna lo scettro del comando sarebbe strappato al centrosinistra che ha sempre dominato nel triangolo delle ”regioni rosse” che comprende anche Toscana e Umbria. Il Partito democratico, per la verità, ce la sta mettendo tutta per perdere: lo specchio esatto di quanto sta accadendo in Italia è la Sicilia, dove Davide Faraone è stato eletto senza primarie e senza congresso, ma con una delibera della commissione di garanzia, essendo rimasto senza avversari dopo il ritiro dalla corsa di Teresa Piccione.
A livello nazionale, sta succedendo di tutto e di più: giovedì scorso, l’ex renziano Matteo Richetti ha preso le distanze da Maurizio Martina che aveva deciso di sostenere nella battaglia per la conquista della segretaria che è ambita anche da Nicola Zingaretti e da Enrico Giachetti. Ma quanti degli iscritti al Pd andranno a votare nei gazebo domenica? Se i vertici sono spaccati, perché mai la base dovrebbe fare il tifo per uno o per l’altro?
Il centrodestra, in teoria, avrebbe buone chance di vincere le elezioni in Emilia Romagna dove la Lega è diventata sempre più forte, ma da sola non potrà mai conquistare la guida della Regione. I voti di Forza Italia e Fratelli d’Italia e magari di qualche movimento locale che sta per nascere, saranno determinanti. Chi si aspetta una crisi di governo subito dopo le Europee, probabilmente sarà costretto a spostare la data un po’ più avanti, dopo le Regionali dell’Emilia Romagna.
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