“Stile” Bergoglio, i rapporti con l’Islam e le “omissioni” della Chiesa: il dibattito de “L’Opinione”
I rapporti con l’Islam, il ruolo della Chiesa nella società contemporanea e lo “stile” Bergoglio. Questi i temi affrontati nel dibattito promosso dall’Opinione e che hanno arricchito a Palazzo dei Normanni a Palermo la presentazione di “Santità! Ma possiamo continuare a dirci cristiani?“, il libro del giornalista, scrittore e direttore dell’Opinione, Arturo Diaconale (libro edito da Rubbettino).
La location del dibattito è stata la Sala Rossa del Palazzo Reale, generalmente sede di commissioni e vertici Ars ma per la prima volta luogo di un dibattito aperto, con ospiti monsignor Giovanni Lanzafame, antropologo e Mariologo e Adham Darawsha, assessore alle Culture del Comune di Palermo e anche il presidente dell’Ars e della fondazione Federico II Gianfranco Micciché, guidati fra i vari temi dal giornalista Guido Monastra.
Diaconale non risparmia critiche allo “stile” Bergoglio e alle sue posizioni a sfondo politico: “Papa Bergoglio si è spinto più in là dei suoi predecessori fino a trasformare la Chiesa Cattolica nella più grande ‘Ong senza navi’ del pianeta”. Una posizione che ha alimentato un ispirato dibattito con Monsignor Lanzafame e l’assessore Darawsha sulla forza della dottrina dell’Islam nell’età contemporanea rispetto a quella cattolica, con un richiamo da parte del religioso ad una maggiore coerenza da parte della Chiesa.
Darawsha (nativo di Nazareth) ha detto: “Sono di famiglia musulmana, ma chi nasce in Terra Santa non può non avere rapporti con la religione cattolica. Il Papa sta mettendo in discussione il modello occidentale, il libro ha il merito di far riflettere molto su questo aspetto. Ma fra mondo islamico e mondo cristiano ci sono molti punti in comune, più di quanti si possa immaginare”.
A prendere la parola anche Gianfranco Micciché: “Non conosco l’Islam se non per quello che ci racconta la stampa o che ci dice Salvini. Ma se oggi viviamo questa condizione è perché la Chiesa Cattolica ignora l’argomento, non ne parla. Fino a quando a Palermo nessuno parlava di mafia ‘da fuori’ si pensava che fossimo tutti mafiosi. Poi si è iniziato a parlare di mafia, ed hanno capito che non è così”.