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Tiro a Segno di Palermo: dipendente due volte licenziato e due volte reintegrato

Ha conquistato le cronache suo malgrado per un doppio licenziamento, annullato dal giudice, una doppia vittoria contro il datore di lavoro. Due volte licenziato, due volte reintegrato.

Guglielmo Canino, dipendente del Poligono di Tiro di Palermo, seguito nella sua vertenza dalla Slc Cgil e difeso dall’avvocato Pietro Vizzini, ha raccontato la sua storia ai microfoni di Radio articolo 1, l’emittente nazionale della Cgil.

La storia inizia nel 2016, a quell’anno risale il primo licenziamento. “Verso fine 2014 avevo cominciato a ravvisare condotte strane da parte del datore di lavoro, che cercavano quotidianamente di estromettermi dall’attività o addirittura di farmi rassegnare le dimissioni. Cominciavo a non poter organizzare la mia vita privata, ero soggetto a cambiamenti continui di orario, venivo marcato stretto fino a quando, a un certo punto, decido di chiedere l’assistenza dell’organizzazione sindacale, segnalando quelle condotte che non rientravano all’interno di un sano rapporto di lavoro. Mi accorgo anche che viene installato un impianto di videosorveglianza e che una telecamera viene rivolta di fronte al mio posto. Segnalo tutto alla Slc, che a novembre 2015 inoltra una denuncia all’Ispettorato del lavoro”. L’Slc Cgil si attiva.

“Alcuni atteggiamenti erano talmente palesi che per noi è stato chiaro fin dall’inizio che il licenziamento era ritorsivo e discriminatorio – ha affermato il segretario generale Slc Cgil Maurizio Rosso – Eravamo certi di poterlo dimostrare e ci siamo riusciti. C’è un confine labile in cui i diritti vengono riconosciuti o no. Soprattutto al Sud e in Sicilia, dove è più difficile trovare lavoro, alcuni principi vanno affermati con chiarezza: non si può perdere il lavoro perché qualcuno ti obbliga a fare delle cose. Il lavoratore non si è per fortuna mai scoraggiato. Qui vige una minaccia, che vale anche per altre grandi aziende: l’importante è tenersi il lavoro. Ma c’è un livello oltre il quale non si può andare”.

Dopo una sentenza di primo grado e una sentenza della Corte d’appello favorevole al lavoratore, il datore di lavoro, evitando il ricorso in Cassazione, manifesta la disponibilità alla reintegra, al pagamento delle mensilità arretrate e del contributo previdenziali.

“Per ricevere i soldi che mi spettavano, e le mensilità, ho dovuto attivare azioni esecutive – ha aggiunto  Canino – Il 23 aprile 2018 mi ripresento puntualmente al posto di lavoro, erano presenti gli altri tre dipendenti dell’associazione, mi accorgo che si respira un’aria molto pesante. Sembrava una farsa e così è stato. Dopo appena tre ore di lavoro, ricevo la seconda lettera di licenziamento, con le motivazioni identiche alla prima: palese riduzione dell’attività e riduzione degli incassi. Sia nel primo che nel secondo licenziamento, grazie all’avvocato Vizzini, siamo riusciti a dimostrare che persisteva un’azione ritorsiva e discriminatoria. Decido così senza indugio di impugnare nuovamente il licenziamento. Con coraggio e senza demordere”.

Ora che il Tribunale del Lavoro ha deciso la reintegra e la condanna dell’azienda ai pagamenti assistenziali e previdenziali dovuti, che aria si respira?

“Io ho dato mandato all’avvocato di comunicare la mia immediata disponibilità all’associazione per il rientro al lavoro, chiedendo le mensilità arretrate e quanto dovuto secondo sentenza – ha aggiunto Canino – Ora sono in attesa di ricevere comunicazioni da parte dell’associazione. Sicuramente non troverò un clima confortevole ma non ho idea, non so se vorranno resistere nuovamente. Io voglio semplicemente rientrare al mio posto e riprendere a lavorare serenamente, senza atti discriminatori. Il lavoro non è questo, deve dare a una persona dignità, occasioni di crescita, possibilità di poter vivere liberamente e di portare avanti gli impegni familiari di ciascuno”.

Sul caso interviene il segretario generale Slc Cgil, Maurizio Rosso, che ha accompagnato il lavoratore passo dopo passo nella vertenza.

“In una democrazia devono sempre vincere le regole – ha affermato Rosso – Spero che Guglielmo Canino sia accolto bene nel suo posto di lavoro. Abbiamo cercato in tutti i modi di raggiungere un accordo. Dopodiché, abbiamo stabilito di fare ricorso alle regole e i giudici hanno deciso. Canino ha lottato per il suo posto di lavoro. Questa azienda, in violazione di tutte le regole, ha installato le telecamere, sbagliando. Speriamo che tutto questo possa essere appianato e che il lavoratore possa essere accolto bene nel suo posto di lavoro. Però ci deve essere rispetto, soprattutto in una terra molto difficile come la nostra, dove per anni ha trionfato la mafia. La Cgil lotta per sconfiggere questo tipo di mentalità. Chiediamo il rispetto delle regole e mi onoro che Guglielmo abbia lottato accanto a noi, rischiando il posto di lavoro, per fare trionfare alcuni principi fondamentali”.

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