Trame di potere e boutade, le strade del centrodestra diventano un campo minato
Utilizzare le istituzioni per fini personali è sempre molto pericoloso. Soprattutto per chi vorrebbe maneggiarle a proprio piacere per fare un dispetto agli alleati recalcitranti. Parliamo della presunta volontà del presidente della Regione di dimettersi subito dopo l’approvazione del Bilancio e della Finanziaria 2022, per indire le nuove elezioni per il 26 giugno, in concomitanza con gli eventuali ballottaggi che si potrebbero disputare nei 13 comuni siciliani in cui si voterà il 12 giugno per le amministrative.
Potrebbe essere una boutade (ma non c’è stata alcuna smentita) oppure potrebbe essere tutto vero. Una indiscrezione del genere, di sicuro, può mettere a rischio la già complicata approvazione degli strumenti finanziari che vanno esitati entro fine mese. Non si capisce perché Lega, Forza Italia, Mna e Udc dovrebbero approvare Bilancio e Finanziaria per poi essere messi di fronte ad un bivio: o ricandidare Nello Musumeci o interrompere la legislatura anzi tempo, sia pure di pochi mesi. Non vogliamo usare paroloni, ma sarebbe un autentico “ricatto politico”, che potrebbe indurre gli alleati del presidente della Regione ad agevolare l’ostruzionismo delle opposizioni.
Ecco perché non si possono usare le istituzioni per prevaricare gli alleati. Il problema posto da Micciché, Salvini, Lombardo e Cesa è politico: temono (eufemismo) di non vincere se il candidato alla presidenza della Regione dovesse essere di nuovo Musumeci. In ogni caso i referenti dei partiti, ritenendo che Musumeci li abbia trattati a “pesci in faccia”, non lo vogliono più e cercano un candidato alternativo. A Miccichè è stato rimproverato di avere messo in moto il rinnovo delle commissioni legislative dell’Ars: sono state alzate le barricate, è stato gridato al golpe. Ma dimettersi per “imporre” la propria candidatura non è forse la stessa cosa? Due pesi e due misure. Come sempre. Quasi scontato, in un clima così avvelenato.
Con l’ufficializzazione della candidatura di Francesco Cascio a sindaco di Palermo, lanciata da Gianfranco Micciché, i candidati del centrodestra sono cinque. La confusione regna sovrana. E con essa anche le parole in libertà che finiscono anche per essere più “pesanti” in determinati contesti. Prendiamo Roberto Lagalla: la frase “Micciché? Il Vinitaly può fare brutti scherzi…”, in un momento del genere, non ha certo il sapore di una battuta di spirito bensì quello di una offesa corrosiva, tanto più perché pronunciata nei confronti di chi appena qualche settimana fa lo aveva sponsorizzato come l’ideale candidato sindaco di Palermo. Chissà se già c’è stata una telefonata chiarificatrice con il presidente dell’Ars…
Da tempo il centrodestra non riesce a comunicare al proprio interno. Siamo in presenza di un problema politico, anche grosso, che non potrà certo essere risolto “giocando” con le istituzioni o facendo ricorso a battute infelici, per citare gli ultimi due episodi di frizione. Come finirà è impossibile dirlo, anche se il tempo stringe e i nervi si fanno sempre più tesi. Sarebbe meglio, a cominciare proprio da Musumeci, che si faccia ricorso ad argomentazioni strettamente politico-amministrative per fare valere le proprie ragioni. Se ce ne sono…
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