“Troppi schiaffi alla Sicilia, ci vuole una reazione di alto livello istituzionale”
dal professore universitario Maurizio Ballistreri riceviamo e volentieri pubblichiamo
Nello spazio di qualche ora la politica nazionale ha assestato ulteriori colpi alle prerogative, sempre più ridotte, dello Statuto speciale della Sicilia. La grave vicenda della tonnara di Favignana in primo luogo.
Ad appena un mese dalla storica riapertura, l’impianto trapanese, che ha visto l’importante investimento della “Nino Castiglione” di un milione di euro con un immediato effetto occupazionale per 50 dipendenti, rischia di chiudere a causa della intollerabile decisione del Ministro delle Politiche Agricole, il leghista Gian Marco Centinaio, che con un decreto ministeriale di due articoli, il 30 maggio scorso, ha inopinatamente cancellato il contenuto del precedente decreto di attribuzione delle quote tonno, assegnando alla tonnara di Favignana appena 14 tonnellate sulle già esigue 357 a disposizione dei cinque impianti italiani. Una quantità assolutamente insufficiente per la sostenibilità economico-finanziaria delle attività di pesca collegate al sito trapanese, con immediati negativi contraccolpi economici ed occupazionali.
Una decisione che ribadisce le mai sopite posizioni anti-meridionali e anti-siciliane della Lega, sempre dannose per il nostro territorio e che produce un grave vulnus alle prerogative dello Statuto speciale siciliano, visto che il settore della pesca rientra tra le competenze esclusive della Regione siciliana, ai sensi dell’art. 14, lettera I.
Il Muos poi. Il Ministro della Difesa Trenta ha autorizzato, senza il parere preventivo del Comune interessato, quello di Niscemi, e della Regione siciliana, la realizzazione di varie opere edili dentro la base militare degli Stati Uniti, che ospita il sistema di rilevamento satellitare.
L’elezione di Musumeci alla presidenza della Regione siciliana, al di là delle differenti matrici ideologiche che lui stesso ha più volte affermato volere superare, lasciandole alla valutazione storico-politica del ‘900, aveva suscitato notevoli aspettative sul versante del rilancio in chiave europea e nazionale dell’Autonomia della Sicilia, soprattutto dopo i terribili cinque anni della presidenza di Rosario Crocetta, segnati paradigmaticamente dalla rinunzia a crediti certi in favore della nostra Terra per compiacere l’allora governo-Renzi.
Rispetto a due decisioni del governo nazionale, così gravide di violazioni delle prerogative statutarie è necessaria una reazione di alto livello istituzionale (come il parere negativo espresso da Musumeci sulla nomina a presidente dell’Autorità Portuale dello Stretto di Messina del designato dal Ministro delle Infrastrutture, il 5 Stelle Toninelli), evitando di abbandonarsi a inutili giaculatorie o, peggio a contumelie, come avvenuto per alcuni vertici delle istituzioni siciliane.
E’ necessario, sia sul piano emblematico che su quello sostanziale degli interessi economici, del lavoro e dell’ambiente, che le due vicende vengano dedotte innanzi alla Consulta con ricorso diretto da parte della Regione siciliana per conflitto di attribuzione e violazioni delle prerogative statutarie, aventi, com’è noto, natura costituzionale.
Solo così si potrà dimostrare che si vuole a livello politico-istituzionale riprendere con orgoglio la battaglia autonomista e dimostrare di non avere acquiescenza nei confronti di chi, come l’attuale governo, vuole mortificare la Sicilia e il Mezzogiorno, si pensi alla sciagura del “regionalismo differenziato”. Se, al contrario, si proseguirà lungo la strada della rassegnazione e della subalternità nei confronti delle politiche autoritarie e di dominio del governo centrale nei confronti della nostra Isola, per favore non si citi più lo Statuto speciale e coloro i quali nei hanno storicamente sostenuto la battaglia per l’attuazione: da Luigi Sturzo a Emanuele Macaluso, da Rodolfo Morandi a Salvatore Natoli.
Ai siciliani, contro i vecchi e i nuovi soprusi centralistici e l’ascarismo della politica regionale, non resterà altro che la pacifica via della disobbedienza civile e della non violenza che fu di uomini come Gandhi, Henry David Thoreau, Martin Luther King e Aldo Capitini il promotore schiettamente liberalsocialista della Marcia della Pace e della fratellanza dei popoli, il quale affermò: “La non violenza non è cosa negativa, come parrebbe dal nome, ma è attenzione e affetto per ogni singolo essere proprio nel suo esser lui e non un altro, per la sua esistenza, libertà, sviluppo”.
* L’autore dell’articolo è Ordinario all’Università di Messina e Membro del Consiglio Nazionale di Siciliani verso la Costituente