Via d’Amelio, Boccassini: “Scarantino diceva sciocchezze, io e Saieva lo avevamo scritto”

L’ex Procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, è stata sentita in videoconferenza al processo sul depistaggio delle indagini della strage di via D’Amelio, in corso a Caltanissetta. Sentita come teste ha fornito il proprio punto di vista sulla figura del falso pentito Vincenzo Scarantino: “Se i colloqui investigativi con Vincenzo Scarantino servivano per addestrarlo, chi li ha fatti meriterebbe di essere cacciato da ogni funzione pubblica. Prima degli interrogatori, Tinebra si chiudeva in una stanza, solo, con Scarantino. Non so il tempo preciso ma per un bel po’. Poi Tinebra apriva le porte e si entrava a fare l’interrogatorio. In questi anni mi sono chiesta tante volte perché la procura nissena non interrogò mai Tinebra mentre era in vita”.

E ha aggiunto: “Io e il collega Saieva facemmo una relazione in cui scrivevamo che man mano che si facevano gli interrogatori c’era la prova regina, inconfutabile, che Scarantino stava dicendo sciocchezze e quindi si doveva correre subito ai ripari per evitare cose che nel tempo avrebbero pregiudicato le indagini. La relazione che io e il collega Roberto Saieva facemmo sulla non credibilità di Vincenzo Scarantino era poi sparita da Caltanissetta ma io ne avevo diverse copie”.

“Fino alla fine – ha aggiunto Boccassini, rispondendo al pm Gabriele Paci – dissi ai colleghi che bisognava cambiare metodo, che Scarantino andava preso con le molle, e vedendo anche che c’era voglia che io andassi via quanto prima di Caltanissetta, scrissi la seconda relazione. Che poi altri colleghi si siano lamentati e abbiano messo per iscritto quello che accadeva a Caltanissetta nell’ultimo periodo, io non lo so, non credo”. “Soltanto con il pentimento di Spatuzza, nel 2008, ricevetti una telefonata dall’allora procuratore di Caltanissetta che mi chiese se era vero che io avevo scritto delle relazioni con Roberto Sajeva: erano sparite. Io e Sajeva, dopo averne parlato con Giancarlo Caselli, mandammo le relazioni direttamente a Palermo. Sono qui per la quarta volta a ripetere sempre le stesse cose, sentendomi quasi in colpa per aver scritto quelle relazioni che avrebbero potuto dare una scossa a quei processi”

Su Gioacchino Genchi, ex poliziotto ed ex consulente informatico della Procura di Caltanissetta, invece ha detto: “Questa persona non mi piaceva, diffidavo di lui e mi sembrava che non fosse una presenza necessaria e importante per le indagini. Se lui ha litigato con La Barbera non lo so e non mi interessa. Feci capire a Tinebra che se ne poteva fare a meno. Era una persona pericolosa per le istituzioni, aveva conservato un archivio con i tabulati raccolti. E poi vedeva complotti e depistaggi ovunque. Ne parlai anche a La Barbera che era d’accordo sul fatto che non si poteva pendere dalle labbra di uno come Genchi. Il suo apporto alle indagini fu nullo. Era un tecnico, non un investigatore, quindi non poteva apportare nulla a un’indagine così seria”.

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