Mafia: la nuova famiglia e le lotte per il potere, 16 arresti nell’operazione “Bivio” /NOMI

Associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco: con queste accuse sono state fermate 16 persone, tra boss ed estorsori su disposizione della Dda di Palermo nell’ambito di una indagine denominata “Bivio” che riguarda il “mandamento” mafioso di Tommaso Natale e, in particolare, le “famiglie” di Tommaso Natale, Partanna Mondello e Zen – Pallavicino.

Secondo quanto emerge dall’inchiesta, sarebbe nata una nuova “famiglia” mafiosa, quella dei quartieri Zen – Pallavicino, affidata alla gestione di Giuseppe Cusimano. Il nuovo clan aveva problemi gestionali, dovuti all”esuberanza’ criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti come dimostra l’episodio dello scorso settembre allo Zen, quando due gruppi armati si sono sfidati “a duello”, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L’episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l’eliminazione di alcuni soggetti non “allineati” e non controllabili. Solo l’intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi.

GLI INDAGATI: Ecco l’elenco degli indagati nell’operazione Bivio: Francesco Adelfio, 39 anni, Andrea Barone, 21 anni, Carmelo Barone 59, Marcello Bonomolo, 47 anni, Pietro Ciaramitaro, 32 anni, Giuseppe Cusumano, 37 anni, Francesco Finazzo, 64 anni, Salvatore Fiorentino, 38 anni, Sebastiano Giordano, 22 anni, Francesco L’Abbate, 46 anni, Andrea Mancuso, 22 anni, Francesco Palumeri, 60 anni, Giuseppe Rizzuto, 33 anni, Baldassare Rizzuto, 24 anni, Antonino Vitamia 56 anni, Michele Zito 46 anni.

Tra gli indagati dell’operazione “Bivio” anche un capomafia storico, Giulio Caporrimo che a maggio 2019 è tornato in libertà dopo una lunga detenzione. Caporrimo, dopo la scarcerazione, ha trovato Francesco Palumeri al vertice del clan, una leadership mai riconosciuta. Il boss contestava anche le decisioni assunte dai nuovi vertici del clan perché contrarie alla ortodossia mafiosa e a una delle regole principali dell’organizzazione, quella secondo la quale si è mafiosi fino alla morte e si mantiene il proprio incarico di vertice anche durante la detenzione. Dopo aver trascorso un periodo di isolamento a Firenze, Caporrimo l’11 aprile del 2020 è tornato a Palermo riuscendo in poco tempo ad accentrare nuovamente su di sé i poteri dell’intero “mandamento”.

Giuseppe Cusimano avrebbe tentato di organizzare una distribuzione alimentare per i poveri durante il primo lockdown del 2020. Sarebbe la conferma di quanto gli inquirenti denunciano dall’inizio della pandemia e cioè che Cosa nostra tenta di accreditarsi come referente in grado di fornire aiuti alla popolazione alla ricerca del consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso.

Tra le curiosità che emergono dall’inchiesta della Dda c’è anche la circostanza che, per evitare di essere intercettati, i boss organizzavano i loro summit in mare, a bordo di un gommone.

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